Nel 1556, in pieno XVI° secolo, il matematico italiano Niccolò Tartaglia (al secolo Niccolò Fontana, affetto da balbuzie e dunque…) scrisse il “General trattato di numeri et misure”, un esteso e completo testo di matematica elementare, dove compare tra l’altro la struttura conosciuta da noi come triangolo di Tartaglia, noto anche come triangolo di Pascal. Ma secondo alcuni autori di testi riguardo la storia della matematica, era quello un concetto noto già da molto, essendo stato pubblicato in Cina già nel 1261, facendo inoltre riferimento a sua volta a epoche ancora più remote (primo millennio della nostra era).
Ogni appassionato di matematica lo conosce per le sue tante proprietà, soprattutto relazionate con la rappresentazione geometrica dei coefficienti binomiali. Fiumi di libri sono stati scritti per descriverne le peculiarità, non è certo questo il contesto per esplicitarle. A titolo di semplice menzione di alcune di queste, il numero 1 riempie le diagonali esterne; i numeri delle varie posizioni sono il risultato della somma dei due numeri superiori; l’ennesima riga del triangolo dice quali sono i coefficienti nello sviluppo di un binomio elevato alla corrispondente potenza; è una struttura simmetrica rispetto alla sua altezza; la somma degli elementi di ciascuna riga è la sequenza crescente delle potenze di 2; in ogni riga la somma dei numeri nei posti dispari meno la somma dei numeri nei posti pari è sempre uguale a zero; le prime righe rappresentano le cifre della somma di differenti potenze di 10 (ad esempio 10+1, 100+1, 10+0,1…); anche le diagonali sono simmetriche; la prima diagonale è un progressivo che rappresenta il numero di riga; sommando i numeri su una diagonale (es. 1+3+6+10) otteniamo il numero adiacente al successivo sulla diagonale (20); la seconda diagonale si ottiene aggiungendo all’elemento precedente la differenza tra questo e quello ancora precedente più uno, come in 6+(6-3)+1=10; e poi Fibonacci e le semi-diagonali e un lungo eccetera.
La caratteristica che vorrei sottolineare in particolare è proprio riferita in generale alle diagonali di questa struttura: ciascun elemento meno il precedente è uguale all’elemento precedente della precedente diagonale, ad esempio 10-4=6; 20-10=10; 35-20=15 e così via.
Vi chiederete perché questa cosa mi interessa tanto. Beh, in realtà non è a me che interessa tanto, quanto piuttosto agli elettroni che si dispongono con ordine e, soprattutto, spontaneamente (!) seguendo proprio queste logiche in condizioni particolari.
Se ne sono accorti alcuni ricercatori coordinati dal fisico Jeremy Levy, dell’Università di Pittsburgh, che hanno avuto la possibilità di studiare questo vero e proprio nuovo stato della materia. Sappiamo che gli elettroni hanno carica negativa e che, proprio per questo, tra loro dovrebbero respingersi. Ma Levy ha dimostrato che sotto alcune condizioni ed utilizzando elementi e contesti particolari, queste particelle incredibilmente si raggruppano tra loro durante il loro procedere, formando un qualcosa di nuovo, qualcosa che somiglia a ciò che potrebbe essere definito una specie di nuova particella, ciò dovuto al peculiare comportamento assunto.
Sappiamo che nel nucleo dell’atomo i protoni, tutti di carica positiva, vengono tenuti insieme da una forza incredibilmente intensa, per questo definita interazione nucleare forte, le cui particelle mediatrici sono i pesanti gluoni. Ma per riuscirci la natura deve utilizzare qualcosa di incredibilmente intenso, in grado di vincere la naturale repulsione tra cariche elettriche dello stesso segno: l’interazione dunque è detta, per l’appunto, forte.
Nel caso in questione invece gli elettroni, sotto le condizioni individuate dallo studio pubblicato dall’equipe di Levy, si dispongono e si raggruppano durante il loro movimento.
È questa una specie di rivoluzione da molti punti di vista, ad esempio per quanto riguarda la propria fisica quantistica ma, molto più in soldoni, per lo sviluppo dei computer quantistici e per il mondo dei superconduttori. Una rivoluzione teorica e tecnologica.
Però la cosa che vorrei sottolineare al mio livello, non essendo io né un matematico né tanto meno (purtroppo) un fisico teorico, è come questi elettroni si raggruppano tra loro, il modo in cui lo fanno. Perché si organizzano seguendo un criterio che è stato abbastanza difficile individuare, anche da parte degli stessi scopritori dell’eccitante fenomeno: si raggruppano cioè in quantità che seguono la struttura delle diagonali del triangolo di Tartaglia (ad esempio 1-3-6-10-15). Seguono cioè un criterio tra il geometrico e il logico, come sottostando a modelli che la nostra naturale intuizione ci ha mostrato da più di un millennio.
È un altro esempio di come la meravigliosa potenza dei simboli e delle forme ad essi relazionate si ergono a fari di conoscenza e saggezza, stimolando la sete di ricerca, come ad aprirci la strada verso consapevolezze a cui sentiamo, più o meno inconsciamente, di dover aspirare. Vorrei fare un altro piccolo esempio per tentare di chiarire questo concetto, mi perdonerete spero la pedanteria. Analizzando ulteriormente il triangolo di Tartaglia si può notare che la disposizione dei numeri dispari “disegna” per così dire nello spazio un qualcosa di modulare, cioè di complementare ad un altro famoso triangolo, nonostante questo molto più recente risalendo solo al 1915, quello di Sierpiński. Ecco tradotto in immagini, quello che vorrei sottolineare:
Se ci si fa caso, gli spazi bianchi dell’immagine superiore disegnano una specie di triangoli capovolti; questi spazi corrispondono in quanto alla loro forma ai triangoli bianchi capovolti della seconda immagine. Sono strutture che sembrano funzionalmente complementari sul piano grafico. Ed ora la chicca: il secondo triangolo è un frattale. A me sembra di poter cogliere in tutto ciò un nuovo spunto di riflessione: ancora una volta il mondo fisico (nel caso di specie gruppi di elettroni organizzati in uno stato finora sconosciuto) ci spinge a riflettere sulla nostra propria intima natura in quanto, almeno indiziariamente, relazionata con una Essenza dalla quale tutto procede, un Criterio originante, una Logica Universale. Una nostra intima natura che spesso anche altri autori di pubblicazioni in questo stesso sito amano simbolicamente ricondurre ad un criterio frattale, nel senso di poter scorgere in ogni piccolo dettaglio la struttura dalla quale tutto è generato. In ognuno di noi, nella materia di cui siamo fatti, l’archetipo.
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