I Massoni e la Patria

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I Massoni e la Patria

Bene, progresso e difesa della Patria sono doveri sacri per ogni Massone. Non rimanere fedele al giuramento di operare per il bene e il progresso della Patria e per la sua difesa è, per ogni Massone che sia tale, un atto gravissimo di spergiuro, che lo esclude ipso facto dalla comunità della Massoneria Universale; è un tradimento della sua iniziazione.

Fin dai primi passi nel percorso che un essere umano, libero e di buoni costumi,  compie per diventare un Massone, ossia per essere un iniziato, secondo la ritualità propria dell’Istituzione massonica, il concetto di Patria gli viene proposto come essenziale.

Prima di essere ammesso al Tempio massonico, a chi intende diventare Massone, viene, fra le altre, posta la domanda: “Che cosa dovete alla Patria?”.

La domanda, come è del tutto evidente, contiene il concetto del dovere. Un dovere che riguarda la Patria.

Una seconda domanda riguarda cosa deve, chi vuol diventare Massone, all’Umanità.

Nel giuramento che chi intende diventare Massone deve prestare è contenuta la formula: “Prometto e giuro di consacrare tutta la mia esistenza al bene e al progresso della mia Patria, al bene e al progresso di tutta l’Umanità”. Formula alla quale si aggiunge quella: “Prometto e giuro di adempiere ed eseguire le Leggi, i Regolamenti e le disposizioni tutte dell’Ordine Massonico, considerato che non sono contrarie alle Leggi dello Stato, verso le quali confermo il mio obbligo di obbedienza”.

Dalle domande fatte e dalla formula del giuramento è del tutto chiaro, evidente e incontrovertibile che il concetto di Patria non coincide con quello di Umanità, che i due concetti sono inequivocabilmente distinti e che un Massone giura di obbedire alle leggi dello Stato, che nel caso specifico, sono quelle della Repubblica Italiana, a cominciare da quelle della sua Costituzione.  

Nel corso del Rituale di Apprendista è chiesto al Secondo Sorvegliante [carica e funzione di Loggia] per quale motivo egli sieda in una determinata posizione nel Tempio. La sua risposta contiene la formula: “Per edificare Templi alla virtù, scavare oscure e profonde prigioni al vizio e lavorare al bene e al progresso della Patria e dell’Umanità”.

Verso la fine del Rituale di iniziazione, che rende un essere umano un iniziato alla Massoneria, il Maestro Venerabile [colui che presiede la cerimonia e i lavori di Loggia] pronuncia una formula che contiene la seguente affermazione: “Il Grande Architetto dell’Universo voglia  che i loro pensieri, le loro parole, i loro atti, [dei Massoni] riescano sempre al raggiungimento delle nostre idealità, per il bene supremo della Patria e dell’Umanità”.

Ancora una volta i due concetti sono ben distinti, così come sono distinti da quello di Stato.

Nel giuramento prestato da un Massone che si appresta a passare dal grado di Apprendista a quello di Compagno [secondo dei tre dell’Ordine massonico] è contenuta la formula “Giuro di consacrarmi con tutte le forze alla difesa della Patria ed al bene dell’Umanità”.

Infine, nel giuramento che è prestato dal Massone che da Compagno si appresta a divenire Maestro [terzo e ultimo grado dell’Ordine massonico], è contenuta la formula: “Giuro di impegnarmi, con tutte le mie forze, per la fratellanza universale degli Uomini e dei Popoli”. Dopo i concetti di Patria, di Umanità e di Stato, entra nel giuramento massonico anche il concetto di Popolo.

E’ del tutto evidente, se esiste un giuramento formale ad impegnarsi per la fratellanza degli uomini e dei popoli, che gli uni e gli altri sono entità distinte, altrimenti, se fossero un’unità indistinta, non ci sarebbe bisogno di alcuna fratellanza per la quale impegnarsi.

Nel Tempio massonico campeggia il Trinomio: Libertà, Uguaglianza, Fratellanza.

Il TrinomioLiberté, Égalité, Fraternité (in italiano Libertà, Uguaglianza, Fratellanza) è un motto risalente al 1700 e associato all’epoca della Rivoluzione francese, divenuto poi il motto nazionale della Repubblica Francese.

La prima parola del motto repubblicano, Liberté, fu all’inizio concepita secondo l’idea liberale. La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789) la definiva così: «La libertà consiste nel potere di fare ciò che non nuoce ai diritti altrui».

Il secondo termine del motto repubblicano, la parola Égalité, significa che la legge è uguale per tutti e le differenze per nascita o condizione sociale sono abolite.

Nella Dichiarazione dei diritti e doveri del cittadino, parte integrante e iniziale della Costituzione dell’anno III (1795), la Fraternité, terzo elemento del motto repubblicano, è definita: «Non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi».

Tuttavia, nell’ambito della ritualità massonica, non è possibile accogliere acriticamente un motto che ha le caratteristiche di una dichiarazione politica, ma è necessario cercarne i fondamenti.

La libertà è la caratteristica essenziale dell’Essere e, pertanto, anche del nostro Essere, che non ha originariamente vincoli e che soggiace a vincoli allorquando, entrando nella materia, è costretto nello spazio-tempo, ossia nel campo gravitazionale o, se si vuole, nel dominio della legge di Necessità.

La libertà è l’elemento fondamentale del Trinomio, in quanto è consustanziale all’Essere umano.

L’uguaglianza ha anch’essa una caratteristica ontologica, in quanto ogni Essere umano è ontologicamente unico e irripetibile e solo in questo senso uguale a tutti gli altri esseri umani. L’uguaglianza dell’Essere umano risiede pertanto nella sua ontologica assoluta diversità da ogni altro essere umano; nella sua individualità e irripetibilità. 

Infine, la fratellanza è la comunione dei Fratelli, i quali sono individui unici e irripetibili.

Popolo è termine che riprende il sostantivo latino populus, di provenienza preindoeuropea, col significato originario di popolazione nel senso dell’insieme di tutti coloro che abitavano un determinato territorio.

Il territorio, conseguentemente, ha un’importanza definitoria ben precisa.

Tuttavia, il fattore territoriale non è l’unica condizione necessaria, in quanto nell’idea di popolo è presente anche la coscienza di appartenere a un gruppo che si identifichi per origini, tradizioni e cultura comuni.

Al popolo, nelle democrazie occidentali, appartiene la sovranità. Non è così per altri popoli, in altre patrie, in altri territori ove vigono altre tradizioni. 

La fratellanza dei Popoli, pertanto, è la comunione di popolazioni diverse per territorio, origini, tradizioni e cultura.  Una comunione che va perseguita con intelligente pazienza, nel rispetto delle diversità e nella reciproca tolleranza. Senza reciprocità non c’è fratellanza.

La Patria è “l’ambito territoriale, tradizionale e culturale, al quale si riferiscono le esperienze affettive, morali, politiche dell’individuo, in quanto appartenente a un popolo” ed è, al contempo, “territorio e popolo che vi risiede, unito da una lingua e dall’uniformità di cultura e tradizioni”.

L’Umanità è l’insieme degli esseri umani che abitano il pianeta Terra ed è costituita da esseri umani individui, unici e irripetibili e da popoli che hanno caratteristiche diverse.

L’Umanità può essere un insieme disarmonico, come purtroppo è avvenuto e avviene, o armonico, ossia il concerto di una grande orchestra di esseri umani e di popoli, così come dovrebbe essere.

Nulla di più distante dall’idea di un’umanità indifferenziata, di uomini tutti uguali, privi di identità, di radici, di tradizioni, di storia, di cultura, di simboli.

La Patria è il luogo dei Padri (radice sanscrita *pa-, da cui pati,  “antenato”); è il luogo degli Antenati, ai quali non solo dobbiamo la vita, ma le tradizioni, la cultura, le conquiste di civiltà. Chi non rispetta gli Antenati e non li onora è un essere senza onore e senza dignità.

Nella fattispecie ai nostri Antenati europei dobbiamo la libertà individuale, la democrazia, la sovranità popolare, la parità di dignità di tutti gli esseri umani. Ai nostri Antenati e ai loro sacrifici dobbiamo soprattutto la possibilità di esercitare il libero pensiero, che è il bene più prezioso, in quanto consente all’essere umano di creare nella bellezza quando non sia oscurato nella sua coscienza dalla  ὕβϱις, hýbris (“tracotanza”, “eccesso”, “superbia”, “orgoglio” o “prevaricazione”), madre dei vizi ai quali il Massone deve scavare profonde prigioni.

I concetti maturati nel corso dei secoli dai nostri Antenati hanno fatto dell’Europa la culla della civiltà occidentale. Una civiltà viva e vivificata dagli archetipi che stanno al suo fondamento e che ne costituiscono le radici. Perdere il rapporto con le radici significa privarsi della linfa vitale e condannarsi all’estinzione.

LA PATRIA COME ARCHETIPO POTENTE

La Massoneria, come l’Umanità, si nutre di archetipi e di simboli e la Patria è un archetipo potente. Gli archetipi, anche se nati in uno specifico tempo e in uno specifico luogo, trascendono le loro specifiche origini e si riferiscono a idee condivise dall’intera specie umana. Le qualità e le virtù proprie dell’archetipo consistono nel fatto che lo si può usare per avvicinare persone diverse, mettendo in risalto ciò che hanno in comune. In questo caso l’archetipo assume un valore universale. Al contrario, quando un archetipo assume una caratterizzazione tribale, divide. Il fondamentalismo è un esempio di uso dell’archetipo in chiave tribale, in quanto non solo divide, ma porta a rendere moralmente e teologicamente accettabile o addirittura desiderabile l’immolazione di massa e l’immolazione degli individui.

Il fondamentalismo religioso si avvale di archetipi tribali e di un apparato archetipico catartico e palingenetico. Si invocano apocalissi, scontri finali e battaglie ancestrali tra i Figli della luce e i Figli delle tenebre; si evoca Armageddon.

Gli archetipi vanno oltre la razionalità e trovano la loro forma espressiva nei simboli, i quali trovano risonanza nell’inconscio.

L’attivazione e la manipolazione degli archetipi e dei simboli ha pertanto un valore fondamentale nella determinazione di percorsi costruttivi o distruttivi, unificanti o divisivi.

Per lo scrittore francese Michel Tournier, scrivono Baigent, Leigh e Lincoln, “un «diabolo» è un simbolo divenuto autonomo, mutato in legge o principio autosufficiente, un mostro di Frankenstein scatenato, che vuol schiavizzare, se non distruggere, le persone che avrebbe dovuto servire. I simboli possono essere pericolosi e, come dice Tournier, chi di simbolo ferisce, spesso di simbolo perisce”. [i]

Esempi recenti di apparati simbolici “diabolici” sono stati, nel Novecento europeo, il Nazismo e lo Stalinismo. Himmler, con la Thule e l’Ordine germanico, voleva instaurare una nuova religione a capo della quale c’era lui con dodici sommi sacerdoti. Stalin, dopo aver studiato da sacerdote in un seminario teologico a Tiflis, si era rivolto, come molti dirigenti sovietici, al Cosmismo, nella ricerca dell’immortalità.

“Se i principi «spirituali» vengono distorti – scrivono Baigent, Leigh e Lincoln – il potenziale di distruzione è semmai maggiore rispetto al materialismo. Lo «spirito», se sfugge di mano, è molto più pericoloso della semplice materia. La «guerra santa» può essere la meno santa di tutte le guerre, che sia condotta da fondamentalisti islamici in Medio Oriente o da fondamentalisti cristiani in America”. [ii]

La corretta attivazione del mito archetipico della Patria è pertanto di fondamentale importanza al fine di costruire, armonizzare, amalgamare, ma proprio perché è un mito archetipico non può essere progettato e realizzato artificialmente.

Ne consegue che, se si vuole che l’Europa sia una Patria, e non un leviatano buro-finanziario, è necessario identificare e rivitalizzare gli archetipi comuni alle popolazioni del continente europeo, ossia gli archetipi in grado di attivare il riconoscimento di radici comuni, atteso che l’apparato archetipico sincretico del cristianesimo, che è servito da collante ideologico per secoli, si sta affievolendo, se non esaurendo e che la sua indubbia debolezza lascia un vuoto che potrebbe essere riempito da valori alieni che sono all’opposto da quelli conquistati con immani e secolari fatiche, lacrime e sangue, dai nostri Antenati.

© Silvano Danesi


[i] Baigent, Leigh, Lincoln, L’eredità messianica, Tropea editore

[ii] Baigent, Leigh, Lincoln, L’eredità messianica, Tropea editore

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