Neteru, astri e numeri: i Miti e la Scienza

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Neteru, astri e numeri: i Miti e la Scienza

Il rapporto dell’Egitto con il cielo è da sempre stretto e speculare, essendo l’Egitto un’immagine dell’ordine celeste e i suoi dèi (Neteru), oltre che energie e principi, anche astri.

Il faraone è ritenuto un dio celeste e il rapporto tra terra e cielo è continuo nel tempo, anche se complesso e non sempre lineare, a causa di un conflitto dottrinale che vede il contrasto, ricomposto in un sincretismo progressivo, tra l’antica mitologia osiriaca e quella solare, che fa di quest’ultima una ritualità di solarizzazione e divinizzazione del faraone, mentre quella osiriaca è riservata ad un pubblico più vasto e non riguarda la divinizzazione, ma la giustificazione del Ba e la conseguente sopravvivenza in un’altra dimensione.

Come spiega Franco Cimmino, nel suo “Storia delle piramidi”, nel corso della II dinastia, che si inquadra nel periodo della storia d’Egitto detto Periodo Arcaico (2925-2700 a.C.), si assiste ad un processo teologico tendente a stabilire la divinità del faraone. Già i sovrani thiniti affermavano col titolo di Horus il valore della loro essenza divina, ma, verso la fine della seconda dinastia, si verificò una violenta controversia, frutto dell’elaborazione del clero di Heliopolis (On), che coinvolse la religione solare di Ra e che sembrò stravolgere il culto osiriaco, meno elaborato, antico, di ampia diffusione popolare e già con forti connotazioni funerarie.

Il collegio sacerdotale di Heliopolis riuscì a rendere teologicamente accettabile l’affermazione della divinità del faraone, attraverso l’elaborazione dell’Enneade, una teoria dell’origine del mondo che era un’esaltazione della monarchia di carattere solare e dell’identificazione del faraone con Horus, ritenuto l’ultimo sovrano della dinastia celeste, nato da Osiride e Iside. In questa elaborazione, i principali protagonisti del culto osiriaco sono inglobati nell’Enneade, essendo Iside e Osiride figli, come Seth e neftis, di Nut (la dea cielo) e di Geb (il dio terra).

In questa teologia il faraone come figlio di Ra, quindi divino ed immortale, al momento del decesso saliva tra le stelle imperiture circumpolari per sedersi accanto al padre suo che sta nei cieli.

Nei Testi delle Piramidi, secondo Cimmino, vi sono passaggi che contengono allusioni molto precise al conflitto oggettivo tra la religione solare e quella osiriaca. Vi si afferma che il re defunto non è destinato all’aldilà occidentale di concezione osiriaca, come tutti gli uomini, ma gli è riservato un più alto e glorioso destino solare ad Oriente.

E’ certo che i sovrani delle prime due dinastie storiche affermarono loro legittimità a governare per la discendenza diretta di Horus.

Il capolavoro del collegio sacerdotale eliopolitano fu di aver strappato il sovrano defunto al triste destino dell’oltretomba della gente comune. Il re sale direttamente al cielo per divenire un dio e per raggiungere questo destino celeste il sovrano si avvale dei rituali osiriaci, ma anche di altri rituali di purificazione connessi a mitologie non conosciute.

Il faraone continua a governare dal cielo ed è per questo motivo che il suo corpo è imbalsamato e protetto, affinché il suo ka (l’insieme delle forme vitali) stia presso di lui e lo renda vivo e operante.

Questa idea di un corpo morto mummificato che mantiene la sua vitalità grazie al permanere presso di esso del suo ka è all’origine della successiva generalizzazione della pratica, altrimenti incomprensibile, della mummificazione che, dal punto di vista dell’antico rituale osiriaco non ha alcun senso, in quanto il corpo è per la terra e l’anima è per il cielo e nella Duat è l’anima che si sottopone al viaggio di purificazione che porterà il cuore spirituale Jb (non il cuore fisico) alla psicostasia, ossia alla pesatura sulla bilancia di Maat e alla conseguente giustificazione.

Una religione stellare precedente a quella solare

 Nei vari e successivi sincretismi rimane comunque sullo sfondo un intreccio di azioni e di rapporti tra gli dèi (Neteru) che lasciano trasparire altrettanti rapporti tra astri celesti che possiamo ricavare dalla mitologia e dalla geometria sacra, ricomponendo un quadro possibile delle antiche concezioni teologiche e scientifiche degli antichi egizi.

Franco Cimmino scrive che per quanto riguarda l’astronomia non esistono documenti specifici, ma ci avverte che l’egittologo cecoslovacco Zbynek Zaba, basandosi sulle osservazioni di due suoi connazionali, ha teorizzato una dottrina stellare, precedente a quella solare di Ra e basata sulle Stelle Imperiture, ossia sulle stelle del quadrante polare. Cosa non impossibile, visto che anche altri popoli hanno nei millenni guardato al cielo e non solo al sole e alla luna.

Resta comunque il fatto che anche la connessione tra il faraone e le stelle, faceva delle stesse e dei loro rapporti un elemento fondamentale della conoscenza dei sapienti egizi.

Ne è una testimonianza interessante quanto è scritto sulla statua dell’astronomo Harkhebi (III sec. A.C.), nella quale si accenna al sacerdote imw wnwt, “colui che guardava l’ora”.

Nel testo è scritto: “Nobile principe ereditario, compagno del sole, profondo conoscitore degli scritti sacri, osserva tutto ciò che è osservabile in cielo e in terra, chiaroveggente nell’osservazione delle stelle, in mezzo alle quali non è ammesso l’errore; è colui che annuncia a tempo debito il sorgere e il tramontare, e insieme agli dèi predisse il futuro durante il quale si sarebbe purificato negli esatti giorni, quando Akn [Marte] ebbe la sua levata eliaca dalla terra a fianco di Benu [Venere], e soddisfece ogni desiderio delle genti; colui che osserva il culminare di ogni stella nel cielo, e che conosce l’elevazione eliaca di ogni (…) nel corso di un anno favorevole, che predice l’elevazione eliaca di Sothis all’inizio dell’anno. Egli la osserva nel giorno della sua festa, ha conoscenza del suo corso nei tempi che sono prestabiliti per i suoi spostamenti e, osservando ciò che fa giorno per un giorno, si fa carico di tutto ciò che ella ha predetto; annuncia il corso del sole verso nord e verso sud, conosce ogni suo prodigio, lo prevede per tempo, stabilisce ciò che è accaduto e che si è verificato a tempo debito; egli è colui che divide le ore nei suoi due tempi (il giorno e la notte) senza sbagliarsi riguardo alla notte (…) che è in grado di conoscere su tutto ciò che si vede nel cielo, per il quale ha atteso, esperto nelle loro congiunzioni e nei loro movimenti regolari; è colui che non divulga nulla di tutte le dicerie sui suoi pregiudizi, mantenendo la discrezione con tutti quelli con cui avuto a che fare”.

Anche in assenza di documenti specifici in materia, a testimoniare della conoscenza egizia dei rapporti tra gli astri, il sole, la luna e la terra, ci sono le relazioni numeriche che si possono trarre dai testi e delle misurazioni che sono state fatte da molti studiosi, considerando anche il fatto che gli Egizi amavano le analogie, le omofonie, i giochi di numeri, l’enigma e spesso usavano una modalità per trasmetterne un’altra (ad esempio, una parola, omofona di un’altra, serviva a mascherare un contenuto che doveva rimanere arcano).

Vediamo, dunque, di scavare tra i numeri e nei rapporti tra il cielo e la geometria.

Due numeri speculari evidenziano il rapporto tra Venere e Sirio

Il numero 73 è associato a Sirio (Iside), mentre il numero 37 è associato a Venere. I due luminari erano spesso considerati una stessa espressione della Dea madre Cosmica Universale (Iside, Venere, Afrodite, Astarte, e via elencando).

L’associazione del numero 37 a Venere deriva dal fatto che lungo le rive del Nilo Venere era denominata la stella “che apre il tempo” (stella del mattino) e perdeva 111 giorni in 37 anni.

Il ritmo di visibilità di Venere è di 2920 giorni (8 anni vaghi di 365 giorni 365×8=2920).

Il 73 è un numero che collega i cicli di Venere con quelli di Sirio e con quelli del Sole.

*dobbiamo considerare l’anno vago di 365 giorni (senza il bisestile). La levata eliaca di Sirio, con l’anno vago, si sposta di un giorno ogni 4 anni e dopo 1460 anni solari il ciclo riprende da capo.

Una strana coincidenza nel calcolo associa il ciclo di Sirio (Iside) con quello del Sole: 1460:4=365

C’è anche un collegamento tra il numero 73, associato a Sirio e il numero 52, associato a Thoth: il numero 52 (Thoth) moltiplicato per 365 dà 18.980 e il numero 73 (Iside-Sirio)moltiplicato per 260 dà 18.980.

Il numero 260 è parte delle terne pitagoriche ed è esattamente un terzo di 780, che è il periodo sinodico medio di Marte. Il pianeta rosso ha un moto apparente retrogrado di 72 giorni. Il periodo sinodico di Venere è di 584 giorni, ossia 73 moltiplicato 8.

Il numero 73 costituisce il divisore perfetto per molti cicli astronomici misurati dagli Egizi intorno al 3.500 avanti Cristo: anno solare vago 365=5×73; ciclo di Venere 2920=40×73; l’anno di Sirio o Grande Anno 1460=20×73 (1460 o anno di Sirio o anno Sothiaco si riferisce all’intervallo tra due levate eliache che avvengono nello stesso giorno dell’anno solare); il sorgere eliaco di Sirio avanza di un giorno ogni 4 anni vaghi (ossia fissi di 365 giorni), 365×4=1460 anni vaghi

Sirio sorgeva eliacamente il 19 luglio nel 139 dopo Cristo.

Il 73 riguardava anche la rotazione del cielo di un grado egizio per effetto della precessione: 219=3×73 ed i suoi multipli: un intero ciclo di precessione (21.900=300×73), due cicli di precessione (pari al tempo dell’uomo biblico) 43.800=600×73 e otto cicli di precessione era considerato il tempo necessario per raggiungere il conclusivo equilibrio dei moti celesti.

Due cicli di precessione, ossia 43.800 anni, comprendevano 30 anni di Sirio: 1460×30=43.800

Il numero 73 è legato a Sirio in quanto è in 7300 anni che Sirio percorre l’intero ciclo della sua variazione di azimut del punto di levata (variazione annua di 0’,3 ossia 37°,32 in 7300 anni).

Il numero 7300 è uguale a 1460×5.

Il sacerdote poteva stabilire che Sirio si spostava ogni 100 anni di un diametro lunare (valutato30’,7) e quindi l’intero percorso era di 73 diametri lunari.

In 21.900 anni il punto di levata eliaca di Sirio avrebbe descritto tre volte l’intervallo angolare delimitato dai punti d’arresto estremi della luna, per ampiezza totale pari a 73×3=219 diametri lunari. Il tempo impiegato da Sirio per tornare allo stesso punto all’orizzonte, cioè 14.600 anni è 10 anni di Sirio (10×1460).

Il 73 è dunque anche numero legato all’universo fisico del movimento degli astri e Sirio, ad esso associata, si pone come elemento centrale dell’intero sistema.

Il numero 72, la precessione e la geometria del numero aureo.

 Il rapporto Sirio-Venere è anche calcolato con il numero 144, in quanto 72 cicli di Venere corrispondono a 144 anni di Sirio. (144=72 per 2).

Sirio, inoltre, è, nel calcolo, nuovamente messa in relazione con il moto apparente del Sole anche dal numero 72, in quanto 72 anni solari corrispondono ad un grado di precessione.

Inoltre 72 x 2920 giorni (ciclo di Venere) = 210.240 giorni e 144 anni di Sirio x 1460 anni solari (durata di un anno di Sirio) = 210.240 anni.

Interessante notare che la riga cerimoniale della ritualità massonica è di 144 unità di misura, un numero che collega l’azione rituale del Maestro delle Cerimonie al ciclo precessionale e ai cicli di Venere e di Sirio.

Vediamone ora alcune corrispondenze astronomiche e geometriche del numero 72.

Gli anni relativi allo spostamento di un grado precessionale sono 72 e 72×360 dà 25.920, ossia il tempo in anni di un intero ciclo: 72X30=2160 (un’era) x12=25.920 (un ciclo precessionale).

I gradi che caratterizzano un triangolo che porta alla forma pentagonale sono72 in quanto 72 sono i gradi per i due angoli di base e 36 gradi per l’angolo di vertice.

Il 36 è numero associato allo zodiaco e all’anno civile egizio di 36 settimane di dieci giorni 36×10=360 (ai quali vanno aggiunti più 5 giorni intercalari, detti epagomeni) per portare l’anno a 365.

Il numero 72 associa la forma geometrica del triangolo con la stella Sirio.

Il triangolo con angoli di base di 72 gradi è costitutivo del pentagono e le due figure geometriche sono associate alla stella a cinque punte, simbolo di Sirio (Spd.t, dove spd.t significa puntuta o penetrante), il cui geroglifico è appunto un triangolo simile a quello con angolazione a 72 gradi.

Sirio è la stella di Iside e, conseguentemente, la stella a cinque punte è Iside.

Questa figura ci riporta al Pentalfa massonico, la stella a cinque punte con al centro la G. La Ghimel abraica starebbe, secondo alcuni autori, per Aldebaran, l’occhio del Toro, associato ad Horus.Un’associazione che ha un senso, essendo Horus il figlio di Iside (Sirio) e di Osiride (Orione). In questa associazione Iside (la stella a cinque punte) è la madre del Sole (Horus).

Nella stella a cinque punte è inoltre inscritto un pentagono regolare. Il rapporto tra la diagonale e un lato del pentagono è esattamente uguale al numero 1,6180339887498……., ossia al numero aureo che ha diretto riferimento alla proporzione aurea, alla costruzione dominante delle forme naturali e all’armonia musicale.

 Il triangolo rettangolo, la rettitudine e la trinità

 Un’altra forma geometrica associa Iside, Osiride e Horus: il triangolo rettangolo, detto pitagorico, ma considerato “sacro” dagli Egizi.

Il triangolo rettangolo con la prima terna pitagorica, ossia con i due cateti di 3 e 4 unità e con l’ipotenusa di valore 5, era considerato la rappresentazione del rapporto trinitario tra Iside 3, Osiride 4 e Horus 5.

Il triangolo rettangolo simbolicamente richiama il concetto di rettitudine rappresentato dal Neter Maat. La rettitudine del cuore è elemento essenziale della psicostasia osiriaca.

Il numero sul quale è necessario soffermarci è il nove.

Il nove, pest in Egizio, è omofono di illuminare, risplendere.

Tre volte significa elevamento alla massima potenza e il 999 è la Somma Illuminazione.

Il 9 è la somma di quattro e cinque, due numeri assai significativi per le nostre riflessioni.

Con il numero 4, rappresentabile anche con un rettangolo, si allude ad un equilibrio che certamente si raggiunge con la morte, anche se non si preclude la possibilità che possa essere raggiunto in vita. Il raggiungimento dell’equilibrio in vita è il frutto di un percorso iniziatico e non è un caso che tale percorso, nella ritualità massonica, si svolga su di un quadrilungo, che è un rettangolo somma di due quadrati uguali.

La chiave per raggiungere in vita quella stessa condizione pare sia indicata dal numero cinque, l’amore, rappresentato con il geroglifico della stella a cinque punte (ritorna Sirio-Iside), la cui dizione è ţu, contenuta nel numero 4 fţu. Il cinque, in effetti, è, geometricamente, il centro di quattro, ossia il “cuore” del quaternio.

Il cinque è il centro del quadrilungo, se consideriamo i vertici ABCD come 1234. Il 5 è al centro della tetraktis pitagorica e, nel quaternio junghiano, il centro è l’io cosciente.

Sul cinque come centro e sul suo rapporto con l’axis mundi andrebbe aperta una lunga parentesi ma l’argomento lo rinvio ad altra trattazione.

 

 

Il triangolo equiangolo è la rappresentazione geometrica del concetto di Uno-Trino, ovvero di 111 e costituisce l’unità-trinità forma spaziale elementare della manifestazione.

Il 111 è il numero che per gli Egizi coordina l’anno solare con l’anno lunare in quanto 111×365 giorni (anno solare vago – senza bisestile) = 40.515 giorni e 1372 lunazioni x 29,530589 giorni = 40.515,97 giorni.

Lo stesso concetto espresso in cubiti è: un dito uguale una lunazione, 28 dita uguale 28 lunazioni uguali a un cubito, 28 per 49 lunazioni uguale 1372 lunazioni/cubiti = 111 anni vaghi.

I pitagorici chiamavano il cinque assenza di contesa, in quanto concilia il dispari (tre) con il pari (due).[i]

La somma di 5+4 è 9 e il 9 è numero legato all’illuminazione (pest o pestch è illuminare, splendere) e all’avvenuta realizzazione degli equilibri cosmici.

La stella fiammeggiante, ossia Iside Sirio, è l’amore che dà vita al sole.

Il numero 999 è 111 per tre al quadrato e 111 è il simbolo numerico dell’Uno-Trino (Iside, Osiride, Horus), ossia ancora una volta l’insieme degli asterismi Sirio, Orione, Toro.

Il rapporto tra il sole e la luna coinvolge anche il numero 19, ossia il ciclo di Metone, in base al quale il ciclo lunare si ripete identico a se steso ogni 19 anni solari. Il 19 è numero associato anche all’Apollo iperboreo.

Riguardo al 19 c’è anche anche un rapporto tra la luna e Sirio. In 19 anni (6939 giorni) c’è una sola coincidenza tra la nuova luna e Sirio.

Il sole, la luna e Horus l’Antico

Il rapporto sole e luna ha un particolare significato in quanto richiama Horus l’Antico, divinità celeste raffigurato in figura di falco e, come simbolo protettore della monarchia, da un sole alato.

Horus l’Antico è detto anche “il viso” ed è “certo che i sovrani delle prime due dinastie storiche –scrive in proposito Franco Cimmino – affermarono la loro legittimità a regnare per la discendenza diretta da Horus, dio che rimane peraltro estraneo ad ogni sintesi teologica e che fu considerato il protettore e il simbolo della monarchia del Paese appena unificato”. [ii]

In quel viso una grande importanza hanno gli occhi.

Cimmino ha scritto che Horus l’Antico (o il Vecchio), raffigurato in figura di falco, aveva come occhi il sole e la luna.

Il sole e la luna nel tempio massonico assumono alla luce della raffigurazione del falco Horus l’Antico ben altro significato di quello solitamente assegnato loro di rappresentanti simbolici del maschile e del femminile. Horus l’Antico è sole diurno e sole notturno, ossia luna (sole corego) e come luna e sole corego è Osiride.

In questo ambito assume un significato preciso anche il motivo per il quale i lavori massonici iniziano in pieno sole diurno e terminano con il sole corego, al cospetto del cielo stellato.

Al di là dei possibili significati psicologici (conscio inconscio) o iniziatici (V.I.T.R.I.O.L.) il viaggio e il lavoro del massone vanno dalla luce del sole alla luce della luna che è corega, ossia indica la luce delle stelle. In una visione trinitaria egizia, il falco Horus, che è sole e luna, ci indica il cielo stellato dove splende Sirio. Nel Tempio massonico Venere la ricorda specularmente (parafrasando Baruch Spinoza, come la natura naturata rispecchia la natura naturans).

Il falco solare horiano, con la sua duplice vista (in effetti triplice) ci conduce alla Madre celeste, a Sirio, la Digitaria, la Grande Nutrice.

I numeri del cielo e la quadratura del cerchio

 Nella piramide di Cheope 51°51’ è l’angolo esatto (approssimato a volte a 52°) di inclinazione ed è l’angolo del tetraedro che ci dà la quadratura del cerchio.

Un tetraedro a base quadrata di lato b, se ha inclinazione dell’apotema di 51°51’ (piramide di Cheope), avrà un’altezza h tale per cui: hx2x3,14=bx4, ossia, la circonferenza del cerchio con raggio uguale all’altezza è uguale al perimetro.

Nel caso della piramide di Cheope il rapporto è tra 440 (base) e 280 (altezza) e, dunque, tra 11, (440= 11×40) e 7, (280=7×40).

Il numero 11×4=44 ci dà il perimetro e 7x2x3.14 ….= 43,98 ….. (per approssimazione ovvia, dato che il 3,14 è numero infinito = 44).

Moltiplicando 7 volte l’angolo dell’inclinazione della piramide otteniamo il totale dei gradi della circonferenza del cerchio: 51°,51’x7=361°.

La moltiplicazione 7×4=28 è la lunazione convenzionale, mentre 440:12=37 e il 37, come si è ampiamente visto, è associato a Venere.

La somma di 37+73 dà 110 e il numero 110 è il valore che in Egitto veniva considerato come età massima a cui può aspirare un uomo, in quanto dopo il 110 c’è il 111 numero associato alla trinità, ossia alla manifestazione divina.

Vorrei, per inciso, far notare come l’11 sia elemento essenziale nella costruzione della vesica piscis e nel raccordare le varie dimensioni della piramide.

Se prendiamo il triangolo equiangolo con lato 22 (triangolo di Thoth) abbiamo la seguente situazione: CD=22; BC=11; BD=11.√3=19. 11+19+22=52

Il numero 52 ci riporta all’inclinazione della piramide ed è numero associato a Thoth. Il numero 52, ossia le settimane in un anno, è anche 13×4, ossia 4 cicli lunari. Le 13 lunazioni, moltiplicate per 28 ci danno 364 giorni. Le settimane di un anno, ossia 52, per 7 giorni, ci danno 364 giorni. Ancora una volta, vediamo peraltro come i numeri stellari, solari e lunari, si accordino con la geoemtria.

Il cubito reale, o cubito di Menfi, secondo l’egittologo Franco Cimmino, è rapportabile a 52,35 centimetri o a 52,40 centimetri.

Il 22 e il 7 sono inoltre i due numeri che ci danno il π . Dobbiamo, infatti, considerare che il 3,14 veniva ottenuto dagli Egizi per approssimazione, dividendo 22 per 7.

È risaputo che 3,14, che indichiamo con il Pi greco non é che l’inizio di un numero che non ha fine.

I matematici definiscono Pi greco come numero trascendente, in quanto non ha fine e non ha periodo.

Trascendente ed infinito sono due degli attributi che si applicano alla divinità ed è per questo che si dice che sia un numero divino.

Il rapporto tra quadrato e cerchio evoca quello tra la terra e il cielo così ben rappresentato dal Pozzo dei Santi Forti di origine druidica presente nella Cattedrale di Chartres accanto alla grotta della Virgo paritura dei Druidi, il cui imbocco è rotondo (rivolto al cielo) e la base è quadrata (a contatto con la terra).

Non a caso il percorso massonico parte ha come simboli la squadra e il compasso, ossia gli strumenti essenziali per tracciare il quadrato ed il cerchio e non a caso i massoni “squadrano” il Tempio.

L’11 la luna il sole e Sirio

Il numero 11 è un accordatore di cicli.

L’11, numero di grande interesse per gli Egizi, in quanto legato all’armonizzazione del calendario lunare con quello sotiaco è numero dedicato a Thoth, dio lunare, Neter della conoscenza.

L’anno sotiaco, ossia l’anno solare calcolato sulla levata eliaca di Sirio, è di 365 giorni (e un quarto). L’anno lunare è di 354 giorni (12 mesi di 29.5 giorni). Sottraendo a 365 il numero 354 otteniamo 11.

A causa della brevità e della fluttuazione del ciclo lunare in rapporto all’anno sotiaco, ogni due o tre anni si aggiungeva un “mese” lunare di 11 giorni che veniva dedicato a Thoth.

Il mese lunare o sinodico (rotazione della luna intorno a se stessa) è di 29,5 giorni. Il mese sidereo (rivoluzione della luna intorno alla terra) è di 27,5 giorni. La differenza è di 2 giorni.

L’11, dunque, è il numero che mette in relazione Sothis (Iside), con la luna (Thoth).

Il rapporto tra la luna e Sirio è stabilito anche dal numero 17. Se, infatti, nel corso di 17 anni, al primo anno assistiamo alla coincidenza della luna nuova con la levata eliaca di Sirio, al 17° anno abbiamo in coincidenza con la levata eliaca il primo quarto e al 34° (17×2) la luna piena. Al 51° anno la coincidenza è con il quarto di luna calante. Il ciclo si completa con 17×4=68

L’11 è, inoltre, come sé visto, numero fondamentale delle misure della piramide di Cheope ed è, come è stato scoperto recentemente, la periodicità (11 anni) dell’inversione della polarità del sole, nel cui periodo di cambiamento (inversione) si verificano delle tempeste magnetiche e, come conseguenza visibile, l’accentuarsi del fenomeno delle aurore boreali.

L’11, infine, è il numero relativo al ciclo delle macchie solari, un fenomeno che ha importanti influenze sulla vita della Terra, sul suo magnetismo, sullo stato della biosfera e sulla vita stessa delle piante, degli animali e degli esseri umani.

©Silvano Danesi

 

[i] Vedi in proposito Nadim Vlora, L’ultima notte della fenice, Mario Adda Editore

[ii] Franco Cimmino, Storia delle piramidi, Rusconi

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