SOLSTIZIO D’INVERNO 2024

SOLSTIZIO D’INVERNO 2024

“Giunto a trent’anni, Zarathustra lasciò il suo paese e il lago natio, e si ritirò sui monti. Là, per dieci anni, senza stancarsi, godette del suo spirito e della sua solitudine.

Ma alla fine il suo cuore mutò, e un giorno si alzò con l’aurora, avanzò verso il sole e così gli parlò:

“O astro grande! Cosa sarebbe mai la tua gioia se non vi fossero coloro che tu illumini!
Vedi! Sono nauseato della mia saggezza, come l’ape che ha fatto troppa provvista di miele; ho bisogno di mani che si tendano verso di me.

Per giungere a questo debbo discendere: come fai tu, quando a sera tramonti dietro il mare e porti la tua luce nel regno dei morti, tu, astro pieno di ricchezza e di vita!
Io debbo, come te, tramontare, come dicono gli uomini, verso i quali io voglio discendere.
Benedici il calice che vuol traboccare, finché ne scaturisca l’acqua dorata che porti ovunque il riflesso della tua gioia!

Guarda: il calice vuole di nuovo vuotarsi, e Zarathustra vuole di nuovo essere uomo.”


Così cominciò la discesa di Zarathustra.

Nell’unico, grande Cerchio ideale, che rappresenta il Tutto, quattro punti fondamentali, i due Equinozi ed i due Solstizi, rappresentano il percorso di morte e rinascita della Luce della Creazione.

Quattro come gli elementi, come le stagioni, i punti cardinali, la struttura quaternaria dell’Uomo.

In questo percorso all’interno del Grande Cerchio l’Uomo, da sempre ed in tutte le Tradizioni, ha riconosciuto nel Solstizio d’Inverno la Nascita del Principio Vitale, quella Luce che viene ad illuminare il mondo.

Come il Sole sembra aver ceduto al buio, come il seme sembra esser morto nella terra, come la Vita sembra esser finita, così l’Iniziato comprende che la Morte deve essere sperimentata.

È l’inizio del cammino: il Sole ricomincia a prevalere sul buio, il seme si trasforma in germoglio, la Vita continua in altra forma, la Morte non è altro che un diverso livello di Coscienza.

Si va “verso la Luce”, ad un nuovo livello dell’alternarsi del buio e della luce: il Solstizio d’Estate.

Al Solstizio d’Inverno, infatti, l’Anima si inabissa nelle profondità della Materia, sente l’esilio, la distanza, la morte, ma porta a compimento ciò per cui è stata inviata: impara, cresce in consapevolezza, splende della nuova Luce che nasce dall’esperienza compiuta.

E questa esperienza la ritroviamo nei versi del “Muori e rinasci” della farfalla del Fr:. Goethe, versi che questa sera abbiamo celebrato:

“…ti attira nuova brama a più alta congiunzione.

Non distanza ti vince, affascinata a volo eccoti giunta, anelando alla Luce, o farfalla, tu infine sei consunta.

E finchè non avrai compreso questo “muori e diventa!” non sei che ospite mesto qui sulla terra spenta…”

E questo è il vero mutamento dimensionale che ci viene offerto oggi: l’invito a conoscere noi stessi, a rettificarci ed a divenire ardenti annunciatori del messaggio d’Amore universale la cui manifestazione, oggi, celebriamo nei nostri Templi.

“Nei tarocchi ciò che meglio identifica tale rinascita di Luce è la lama del Bagatto, carta che simboleggia la vera essenza dell’uomo, la cui missione è conseguire l’unione fra spirito e materia. Il Bagatto ha già davanti a sé tutti i simboli del potere materiale ed è il personaggio che intraprende l’Opera alchemica, lavorando con i tre principi e i quattro elementi (i tre piedi e i quattro angoli del tavolo), grazie alla quale ogni uomo è un metallo, che portato alla sua perfezione, viene chiamato Oro. Il senso più alto della carta è dato dal suo numero, che è l’uno e che indica il motore immobile, il Principio di tutte le cose, anche se il suo cappello a forma di otto allungato simboleggia il movimento d’elevazione spirituale che conduce alla quadratura del cerchio.” (Valentini).

Il Solstizio d’Inverno diviene quindi, in termini esoterici, il momento della pausa, della riflessione, della meditazione, che permetterà all’iniziato, attratto dalle alte vette, come il mitico Capricorno, nel cui segno il Sole oggi entra, di elevarsi e riprendere, con consapevolezza, il viaggio nel labi-rinto della sua interiorità.

È il momento del passaggio dalle tenebre alla luce; è la deva-yana, la via degli dèi, della tradizione indù; è la Janua Coeli della tradizione romana, la porta d’accesso, cioè, al cielo, alla sfera del trascendente, quella che alimenta la speranza.

Non a caso il Solstizio d’inverno s’identifica con la festa di Giovanni Evangelista, il Giovanni che ride della tradizione popolare, il discepolo che, diffondendo la novella, offrì al mondo intero la fiamma eterna della Speranza, Speranza rappresentata questa sera dai rametti verdi di abete, di cui ci siamo adornati.

Ma quale Speranza?

        La Speranza che, se è vero che le tenebre hanno “assorbito” la Luce, è vero anche che

        la Luce è penetrata ed è nelle tenebre. E questo è un meccanismo che esiste a prescindere dalla nostra volontà. La Speranza allora è possibile. Soprattutto essa è dovuta alla nostra determinazione e al nostro impegno. Chi riesce ad essere vero darà Luce alla nostra vita affinché dalle nostre azioni si possa capire che siamo veri figli della Luce. Riteniamoci quindi tenebre che assorbono per rilasciare tutta la Luce possibile.

        La porta del cielo si dischiude a chi si comporta così.

“Il Sole, simbolo visibile dello spirito, si è ritratto nelle caverne del Settentrione. Le giornate si sono accorciate ed allungate le notti.

Il dolore è nelle nostre anime perché il Sole è calore, vita, luce.

Noi, Fratelli carissimi, ravvisiamo in questa rituale morte del Sole, una fase della perenne lotta tra il bene ed il male.  (Il desiderio di Conoscenza e la rinuncia. n.d.r.)

Ma il nostro dolore è temperato dalla certezza che il Sole, dopo la sua discesa agli Inferi, risalirà allo Zenit della nostra coscienza.

Così lo Spirito dell’Uomo, dopo avere dormito nella misteriosa Tomba di Saturno, vegliato dai neri corvi della morte, risorgerà a nuova vita in un volo di colombe”.

Con la citazione di questo brano tratto da un antico manoscritto sul simbolismo del Sole ci proiettiamo nella celebrazione del Solstizio d’Inverno, momento sacro in cui per un attimo il cielo entra in contatto con la terra.

Da sempre l’uomo ha rivolto lo sguardo verso la Luce e nella Luce ha identificato la realizzazione del proprio Sé superiore.

Il nero è solo il preludio del bianco, l’oscurità rappresenta la grande possibilità da cui deriva la Luce; una Luce che irradia calore fisico, ma che, contemporaneamente, illumina il nostro piano psichico e spirituale, rinnovando quel potente abbaglio di Luce che il neofita chiede ai suoi futuri fratelli al momento dell’iniziazione.

Ancora una volta la ciclicità del percorso intrapreso ci offre l’opportunità di poter ricominciare nuovamente ad operare con maggior vigore e di percorrere, sulle orme dei nostri predecessori, la strada che porta ad un maggiore accrescimento spirituale.

Orbene, così come l’abete, emblema del Solstizio d’Inverno, i cui aghi non perdono mai il proprio colore verde e che la Libera Muratoria, per tale caratteristica, adotta quale rappresentazione della speranza del ritorno della Luce, così, anche noi, perseveriamo nei nostri intenti, trasmutiamoci in simboli viventi di quella parte di umanità che perpetua l’ideale di una nuova era nella quale, l’uomo, giunto all’illuminazione, raggiunge la piena realizzazione interiore.

“…Se voi avete operato bene, vedrete una nerezza nella parte superiore, che è segno di putrefazione … Sappiate che la fine non è altro che il principio e che la morte è causa della vita, e il principio è causa della fine.

Occorre operare fino a che vediate nero, vediate bianco, vediate rosso. Ecco tutto. Giacché questa morte è vita eterna dopo la morte gloriosa e perfetta”.

(Turba Philosophorum).

L’augurio è che in questo Solstizio ciascuno di noi trovi dentro di sé il Punto di Luce!

    Un detto antico recita: “La luce è per chiunque, ma bisogna desiderarla”.

    L’iniziato rinasce a nuova vita, riprende il viaggio nel labirinto della sua interiorità che è sempre più permeata dalla luce del proprio sole e alimentata dal desiderio, dalla voglia, dalla determinazione di accrescerla per poter riuscire anche ad irradiarla.

    Il Libero Muratore dovrebbe essere in grado di ripetere sempre a sé stesso il dettato della saggezza antica: “Non vivere per te solo, ma per l’altro”.

La Tradizione, infatti, non è nostalgia del passato, bensì una “conquista attuale” di valori antichi, una proposta di vita e le nostre Officine diventano il luogo dove si apprendono la continua interrogazione ed il dubbio sistematico, motori di una instancabile ricerca della Verità.

Tracciamo così il percorso che va dalla Conoscenza alla Libertà, il nostro compito di Iniziati oggi.

Il simbolismo “Corpo/Mente” diviene quindi il simbolismo “Azione/Pensiero”.

Questo è il messaggio che oggi sento dentro di me in questa solenne Celebrazione, messaggio che deriva dalla nostra stessa identità e dalla nostra stessa storia:

il Sapere come fondamento della dignità della persona umana, il Sapere che porti all’autocostruzione dell’Uomo. L’ uomo come Centro di Autocoscienza (Assaggioli).

Homo sum: nihil Humanum a me alienum (puto) (Terenzio).

(Sono un uomo: per questo ritengo che nulla di ciò che riguarda il genere umano mi debba essere estraneo).

Le due vie, Cuore e Mente, come nell’ Antico Egitto, si fondono tra loro e la sede dell’Intelletto diviene il Cuore.

Non bisogna quindi correre il rischio di “rinchiuderci” da soli in una sorta di autocelebrazione, in una dimensione atemporale ed irreale.

Lo spazio sacro non può ridursi ad un’irreale oasi di pace e di fuga dalla realtà.

Far convivere la Tradizione con la modernità, la Ritualità con l’attualità non è compito facile, ma ciò che ci circonda è la nostra realtà e di questa siamo moralmente responsabili.

error: Content is protected !!