Qualche anno addietro si è tornato a parlare dell’avvento dell’Era dell’Acquario e mi è riemerso alla memoria il testamento spirituale di Don Raimondo de Sangro, VII Principe di S. Severo.
Non a caso ho deciso di inserire in una mia conferenza la trattazione di questo importante documento, rinvenuto dalla prof.ssa Clara Miccinelli e pubblicato nel 1984 in un suo saggio, accompagnato da un’attestazione d’autenticità[1].
Leggendolo con occhi attenti capirete il perché.
In calce trascrivo fedelmente il testo, precisando che le sottolineature di alcune parole, o l’uso delle maiuscole, sono dello stesso Principe, come a voler indicare alcuni indizi per una chiave di lettura destinata a chi ha “orecchie per intendere”.
Il testamento spirituale, vergato da Don Raimondo il 30 aprile 1770, si apre con un’essenziale autobiografia che però ci indica quali furono i principali legami che intrattenne con le più alte ed illuminate personalità dell’epoca: da Re Carlo III di Borbone a Papa Benedetto XIV (già Cardinale Prospero Lambertini), senza trascurare il Re di Prussia Federico il Grande e la di lui sorella Sofia Guglielmina Margravia di Bareith.
Poi definisce il suo scritto come una dichiarazione, “suggellata ed occulta”, destinata a tramandare il “Cammino della mia Esistenza” e ad essere rinvenuta per “sorte” da chi sappia “nviolabilmente usufruirne”.
Di contro, Don Raimondo si augura, se “la Barbarie si rimanga a far sussistere pretentiose Navi senza Rotta”, che il suo scritto si disperda come polvere.
Non v’è dubbio sulla intenzione di lasciare la sua testimonianza ai soli posteri che ne sappiano comprendere il significato.
Don Raimondo accenna alla importanza che ha per lui l’opera compiuta nella Chiesa Gentilizia di S. Maria della Pietà che simboleggia le virtù e la sua stessa vita, tramite le statue allegoriche fatte realizzare su suo progetto, con sua diretta partecipazione all’opera di preparazione delle velature e del cordame marmorizzati con processo alchemico.
Ed ecco il richiamo all’Era dell’Acquario: “Non so se il destinato a leggere questi miei scritti sarà di appartenenza all’età dove la Lancetta del quadrante Celeste avrà toccata la Costellazione di Acquario”.
L’era astronomica detta dell’Acquario, ovvero l’Eone che per i Teosofi e gli Gnostici segna l’avvento della consapevolezza spirituale, secondo alcune teorie sarebbe giunta ai nostri giorni, per altre teorie deve ancora arrivare.
Comunque, Don Raimondo lascia il compito di divulgare il suo testamento spirituale a chi sarà “destinato” al suo rinvenimento, certo che “gli Uomini che vegliano i quali vivono intenderanno. Sarà per essi l’Aleph”.
Qui invoco la vostra attenzione per comprendere il significato di questa frase, chiara per alcuni, enigmatica per molti.
Chi sono gli “Uomini” con la ‘U’ maiuscola “che vegliano” se non i Guardiani, i Custodi, i Sorveglianti, i Depositari e Conservatori di antiche conoscenze iniziatiche che potranno intendere perché “vivono”.
Anche il termine “vivono” va letto in chiave iniziatica, direttamente connesso al concetto di “morte e rinascita”.
“Sarà per essi l’Aleph”: sappiamo che l’aleph è la prima lettera dell’alfabeto fenicio, così anche in quello greco (), in quello ebraico (א), ed in ghematria rappresenta il numero 1, ovvero l’Uno come Principio Primo, ma anche l’Adam, l’Uomo primordiale ante caduta creato a somiglianza divina.
Segue l’enfatica ammissione di essere un convinto seguace dell’alchimia, camuffando la confessione all’eventuale lettore profano con l’utilizzo del termine “Chimica” anziché alchimia, ma descrivendola come la “Scientia delle Scientiae, il Sigillo di tutte le porte”, affermando di aver seguito “l’intento dell’Opera che Muta e pervenni al volo della Mente”.
Quale mirabile e precisa descrizione dell’Arte del trasmutare la materia pesante in elemento etereo incorporeo!
Il passo successivo del testamento dimostra la perfetta capacità precognitiva del Principe di S. Severo: “Essa ha comandato che decorso questo anno, fra ‘L termine del terzo mese (dopo seguito questo mio scritto) di quello avvenire seguirà il trapassamento del mio Corpo”.
Devo farvi constatare la precisione con cui Don Raimondo prevede la sua morte undici mesi prima che sopravvenga: scrive il suo testamento spirituale il 30 aprile 1770 e muore il 22 marzo 1771, cioè esattamente al termine del terzo mese dell’anno seguente il suo scritto.
Continua con la previsione della perdita di controllo del suo corpo fisico nel giro di un mese e dichiara che ciò che afferma rientra in un “Progetto della qual Chiave – mi costa de causa scientiae – molti hanno invano formulato con Superbia. Io investito dal Misericordioso Iddio, ho veduto compreso trovato e conceputo il Tesoro che a preferenza di qualunque siasi altro Gioiello va cercato; soscrivo e riscrivo ch’Esso è fonte di Gaudio e di periglio. Quando il trapassamento sarà maturato da decenni, gli uomini (da notare la ‘u’ minuscola) avranno acchetato la brama del non sapere? Avranno inteso l’Acqua che non pesa?”.
Da queste frasi, e da quelle a seguire, il nostro Principe rende piena prova di essere un “Sublime Principe Patriarca Maestro della Grande Opera”, coautore del concepimento della “Scala di Napoli”, ovvero dell’autentica Arca Venerata contenente i quattro gradi degli “Arcana Arcanorum”, sapientemente preservata dagli occhi indiscreti e dalle persecuzioni perché riposta all’apice dell’Ordine Egizio di Mizraim, più precisamente all’interno del suo riservatissimo cerchio detto “Rosa di Ordine Magno”[2].
Raimondo di Sangro riesce come pochi a descrivere il concetto ermetico “che l’Uno procede nella Mistica Concentrazione del Contemplare il noto e l’ignoto; così che lo Spirito va dalla Conoscenza Relativa dell’uomo a quella Eroica”. In pratica ci indica la via di meditazione e contemplazione che conduce l’“Uomo di desiderio” all’Apoteosi del Corpo di Gloria.
Ci indica anche quale è stata la sua esperienza formativa menzionando filosofi protocristiani come Paolo, Origene, Ilario e Giovanni, tutti teologi definibili pensatori esoterici che ricevettero dalla tradizione ellenico-orientale forti influenze confinanti con la Gnosi Alessandrina, e qualcuno, come Origene d’Alessandria, addirittura seguace del neoplatonico Ammonio Sacca.
Raimondo di Sangro confessa di aver completato la sua formazione seguendo ogni strada, nessuna esclusa, e che pochi compresero interiormente il suo ‘reale’ cammino che lo portò a conoscere la “Pietra d’Amore Celeste”.
Infine, la chiusura del testamento spirituale è rivolta al “destinato” che rinverrà il suo scritto, consegnandogli la classica frase degli Ermetisti “Tu ch’hai cercato hai trovato, questa è la Legge; seguila” (sembra quasi una citazione del Vangelo di Tommaso se non fosse che lo stesso è stato rinvenuto nel 1945 tra i Codici di Nag Hammadi), affidando alla coscienza dello stesso “destinato”, se si fossero estinti i suoi diretti discendenti o se fossero privi di “Saviezza”, la conservazione inalterata della sua Cappella.
Trascrizione
«Io D. Raimondo di Sangro Principe di Sansevero a’ Trenta del Mese di Aprile Giorno di S. Severo V. dell’anno 1770, fedele alla Maestà Nostra fu Carlo III di Borbone, devoto ed intimo di S.S. Benedetto XIV o sia fu Cardinal Prospero Lambertini, stimato da Federico di Prussia e dalla di Lui Germana fu Margravia di Bareith, provvedo con questa mia dichiarazione scritta, chiusa, e suggellata, e occulta, a tramandare nel Nome del Misericordioso e Onnipotente mio Dio e Creatore, il Cammino della mia Esistenza; certo che il quale per Sorte troverà queste mie presenti Carte, sappia nviolabilmente usufruirne; come oppostamente Spero che se la Barbarie si rimanga a far sussistere pretentiose Navi senza Rotta, auguro che questi miei infrascritti ne resti polvere. Sempre che il tempo non avrà distrutto la mia prediletta Chiesa Gentilizia, accosto al mio Palazzo dove mi trovo ancora ad abitare qui in Napoli intitolata di S.ta Maria della Pietà dichiaro di aver proccurato di ridurla a quella magnificenza di Statue, che simboleggiano, virtù e la mia stessa vita, con spesa e cura e arte.
Non so se il destinato a leggere questi miei scritti sarà di appartenenza all’età dove la Lancetta del quadrante Celeste avrà toccata la Costellazione di Acquario.
Questo non so; voglio però se chicchessia trovasse questo mio Testamento di troppa propia Coscienza, destini la sua Mente alle mie confidenze e poi sia così Probo da divulgarle; gli Uomini che vegliano i quali vivono intenderanno. Sarà per essi l’Aleph.
Io nacqui a’ 30 Gennaio 1710 a Torremaggiore; invero trascorsi il maggior spazio dell’età mia in grembo di questa Città di Napoli, Dominante eccelsa per fatalità di Spirito e d’Istoria.
Colpito da Morbo incurabile pe’ Professori, invero aequo se sieno noti gli argomenti della mia esistenza: praticai vita mia durante la Scientia delle Scientiae, il Sigillo di tutte le porte, La Chimica; seguii l’intento dell’Opera che Muta e pervenni al volo della Mente; ben inteso feci solenne e amplissima rinunzia di tutt’altro a benefizio di Essa, inverso la quale volsi la mia ossequiosa attenzione; Essa ha comandato che decorso questo anno, fra ‘L termine del terzo mese (dopo seguito questo mio scritto) di quello avvenire seguirà il trapassamento del mio Corpo.
Per ciò; prevedendo io che tra ‘L termine di un mese i miei Estensori non obbediranno al Comando del Cervello; dichiaro che quanto dico è stato instituito da un Progetto della qual Chiave – mi costa de causa scientiae – molti hanno invano formulato con Superbia.
Io investito dal Misericordioso Iddio, ho veduto compreso trovato e conceputo il Tesoro che a preferenza di qualunque siasi altro Gioiello va cercato; soscrivo e riscrivo ch’Esso è fonte di Gaudio e di periglio.
Quando il trapassamento sarà maturato da decenni, gli uomini avranno acchetato la brama del non sapere? Avranno inteso l’Acqua che non pesa?
Confidato nella benignità del destinato postero alla prima Lettura di questo mio scritto, mi preme compendiare che l’Uno procede nella Mistica Concentrazione del Contemplare il noto e l’ignoto; così che lo Spirito va dalla Conoscenza Relativa dell’uomo a quella Eroica.
Per dar poi un qualche argomento di questa mia Confidenza letta così Laddove alla mia morte futura in uno con gli altri fogli inseriti e inchiusi al presente dichiaro che ho umilemente appreso e con rettitudine secondo la Testimonianza di Paolo, Origene, Ilario, Giovanni… In ogni caso mi riconosco obbligato a confessare che tutte le strade, niuna eccettuatane, presi per insegnare vita mia durante; pochi invero intesero dal di dentro.
Io, per la Dio Grazia, ho conosciuta la Pietra d’Amore Celeste e mi rimetto ciecamente al Signore Iddio.
Tu ch’hai cercato hai trovato; questa è la Legge; seguila.
E per maggiormente acchetartene; se l’invincibile possanza del tempo non avrà dato alcun discapito alla riferita Chiesa di S.ta Maria della Pietà; e se la mia unica, vera, diretta Discendenza siesi estinta o non siesi commendabile per Saviezza; a carico e scrupolo della tua coscienza, rimetto l’onere d’impedirne qualunque alterazione di Essa Chiesa.
Raimondo di Sangro Principe di SSevero ho disposto come sopra.
Napoli 30 aprile 1770».
([1]) Clara Miccinelli – IL TESORO DEL PRINCIPE DI SANSEVERO, LUCE NEI SOTTERRANEI – Genova, 1984
([2]) Anagramma del suo stesso nome
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