Di Silvano Danesi
Il numero aureo, con il quale è stabilita la proporzione aurea, è stato ed è il criterio della bellezza nell’arte e il criterio morfogenetico in natura. Le forme naturali, infatti, nella loro dinamica evolutiva, seguono il criterio del numero chiamato aureo, ossia d’oro, dove l’oro è simbolo della luce. Possiamo, pertanto, ritenere il numero aureo, nominato convenzionalmente con la lettera greca Ø, il numero della luce, ossia del campo elettromagnetico.
Una straordinaria scoperta, che ha dato luogo ad una teoria molto interessante, riguarda la presenza della proporzione aurea negli schemi relativi alle battaglie e nella sintassi grammaticale. La scoperta è di due colonnelli cinesi, i quali hanno proposto, in uno studio relativo all’arte della guerra, il principio secondario-principale, il quale non segue lo schema della similitudine o dell’uguaglianza, ma quello della proporzione aurea.
Nella guerra che supera i limiti, studiata nel loro saggio dal titolo “Guerra senza limiti” (un testo preparato nel 1996 e uscito nel 1999), Quiao Liang, e Wang Xiangsui, due colonnelli cinesi, premettono che è necessario, anzitutto, “accedere a una reale libertà di pensiero. Abbattere le barriere dell’ideologia è un prerequisito necessario per abbattere le barriere dell’azione. […]. E ancora una volta va sottolineato come la guerra combinata che supera i limiti sia innanzitutto un modo di pensare e solo in seconda istanza sia anche un metodo”.
La premessa è necessaria se si vuole andare oltre gli schemi correnti.
Il principio del secondario-principale è desunto dalla grammatica cinese, in base alla quale si divide la struttura della frase in due parti: quella centrale e quella che modifica. L’esempio portato è quello di sintagmi come: “brava persona”, “buona cosa”, “edificio alto”, ecc dove, se togliamo i modificatori, ossia i predicati del soggetto, rimangono parole neutre: persona, cosa, edificio, ecc.
“La parola centrale – dicono i due colonnelli cinesi – è l’entità principale, mentre il modificatore ha la funzione di ciò che orienta, e cioè l’elemento «principale» è il corpo dell’elemento «secondario», mentre l’elemento «secondario» è l’anima dell’elemento «principale». Il ruolo dell’anima ha ovviamente un significato decisivo”.
La struttura secondario-principale è assimilata dai due autori alla proporzione della regola aurea, della quale hanno riscontrato, con un’ampia documentazione, corrispondenze negli schemi di guerra.
Il numero aureo 1.6180 (o il suo inverso 0,618), viene considerato come “deviazione verso l’elemento secondario”, ossia come il fattore che devia il principale verso il secondario o, in altri termini, il fattore che devia l’entità principale verso i suoi predicati.
L’intero universo che conosciamo, dal nostro DNA alle galassie, esiste e si espande seguendo sempre la stessa proporzione matematica, ossia la proporzione aurea.
L’Intelligenza della Natura ha lasciato ovunque la sua impronta, sotto forma Phi.
Il numero aureo Phi – Φ (si legge “fi”) 1.618033988749894848204586834365638117720309180…, è un numero trascendente (anche se i matematici razionalisti lo chiamano “irrazionale”), ovvero un numero infinito, che non può essere mai computato completamente. Phi assieme a π (3,14159 26535 89793 …….), costante matematica dove la lettera greca è stata scelta in quanto iniziale περιφέρεια (perifereia), circonferenza, costituisce la coppia dei numeri archetipici più importanti e significativi.
Nella geometria piana il π (pi greco) definito come il rapporto tra la lunghezza della circonferenza e quella del suo diametro è, in chiave simbolica, il rapporto tra l’infinito (cerchio) e la linearità spazio-temporale.
In questo suo srotolarsi nella molteplicità dei mondi determinati, il Tutto (cerchio) si fa linearità spazio-temporale, ove si determina come Natura secondo il criterio Φ: la regola del numero aureo o di luce.
Il trinomio (o trinità) Arché-Lógos-Phýsis ci appare in tutta la sua splendida evidenza.
L’Archè, ossia il Tutto di energia intelligente, informata, significante e cosciente, con la sua azione illuminante (che porta all’evidenza), improntante e ordinante, ossia il Lógos, determina con il criterio aureo la Phýsis, la quale non è altro che l’Archè in azione e nella forma, ossia l’Energia nelle sue infinite declinazioni.
Applicando lo stesso metodo al sintagma, i due colonnelli hanno stabilito la regola del secondario-principale.
In una visione olistica la Natura si presenta come un ologramma, ossia la scrittura dell’Olos, che ha come regola sintattica quella del secondario-principale, dove la deviazione verso l’elemento secondario è determinata dal numero aureo, ossia dal numero della luce. In definitiva dal numero morfogenetico del campo elettromagnetico.
L’ologramma è la scrittura dell’Olos. Gramma, infatti, deriva dal greco -γραμμα (di parole come διάγραμμα, diagramma o epigramma ἐπίγραμμα, ecc.), dallo stesso tema di γράϕω, grapho, «scrivere».
L’Olos, il Tutto di energia intelligente, informata, significante e cosciente scrive se stesso nella linearità spazio-temporale, così come un cilindro sumero si imprime su una tavoletta d’argilla.
Questo imprimere, come nella tipo-grafia rende bene l’idea dell’archetipo come Arché-týpos, inteso come impronta del Tutto nella molteplicità della Natura (Phýsis). Questa impronta avviene secondo un criterio dove l’azione del Tutto, il Lógos, è improntante e illuminante, ossia capace di lasciare impronte e di renderle evidenti in un intreccio relazionale dove ogni piccola parte contiene le informazioni del Tutto.
Il numero aureo, in quanto numero della luce, ossia del campo elettromagnetico improntante e illuminante, è archetipo d’ordine. Non è, pertanto, difficile da capire che, essendo l’essere umano un frattale di informazioni del Tutto, per la sua mente il numero sia “l’archetipo dell’ordine fattosi cosciente”. [1] Il numero è il fattore della manifestazione, cosicché il π (pi greco) è il numero dell’azione, dello srotolarsi e il Phi – Φ è numero della deviazione verso l’elemento secondario, ossia verso la molteplicità individualizzata. Phi – Φ è il numero della vita e della bellezza, intesa come armonia.
Il concetto di armonia è ben collegato a quello di numero. L’italiano armonia, infatti, deriva dal greco armonia, che sta per collegamento, disposizione, proporzione, da armonizei, connettere, collegare, esser d’accordo, dalla radice ar, aderire, unire, disporre e da cui anche arithmos, numero e arte.
Il numero aureo è alla base dell’ordine e dell’armonia.
Ne consegue che, essendo l’essere umano un frattale di informazioni del Tutto e una manifestazione del Tutto, la sua esistenza è ordinata dal numero aureo, ossia dal criterio della luce (campo elettromagnetico).
Da qui anche il motivo per il quale la percezione umana vede nelle proporzioni auree l’ordine e il bello. La nostra percezione è isomorfa e il numero, essendo un archetipo, nell’essere umano è, in quanto archetipo “un’immagine autonoma primitiva, che, preconscia, è universalmente presente nella costituzione della psiche umana”. [2]
Il fatto che il criterio non sia l’uguaglianza o la similitudine, ma la proporzione aurea, implica un concetto di dinamicità che è del tutto evidente in tutto l’universo. Panta rei.
L’elemento «secondario», dicono i due colonnelli cinesi “è l’anima dell’elemento «principale». Il ruolo dell’anima ha ovviamente un significato decisivo”.
Ancora una volta la filosofia ci sorprende quando si accorda con le scoperte della fisica. Secondo una recente ricerca che ha incuriosito gli astronomi, l’universo è attraversato da enormi campi magnetici che permeano ogni cosa: pianeti, galassie, vuoti intergalattici e persino le regioni più oscure e lontane del cosmo. La fisica Natalie Wolchover, sulla rivista Quanta, ha spiegato che sono linee invisibili del campo magnetico che si attorcigliano e girano attraverso lo spazio intergalattico come i solchi di un’impronta digitale, come un ‘”anima magnetica” invisibile.
Gli astronomi, che chiamano l’intera struttura dell’universo una rete cosmica, composta da filamenti galattici collegati tra loro e che si combinano con spazi vuoti tra di loro, nel 2019 hanno scoperto 10 milioni di anni luce di spazio magnetizzato che coprono l’intera lunghezza di un “filamento” nel reticolo cosmico. Ciò che è stato scoperto nel 2019 è che uno di quei filamenti quasi infiniti del reticolo cosmico, che collega due ammassi di galassie chiamati Abell 0399 e Abell 0401, era intensamente magnetizzato. Gli astronomi hanno poi avvertito che questo filamento magnetizzato non era l’unico e che probabilmente è la punta dell’iceberg delle vere dimensioni magnetiche dell’universo.
In fisica il campo magnetico è un campo generato nello spazio dal moto di una carica o da un campo elettrico variabile nel tempo. Insieme al campo elettrico, il campo magnetico costituisce il campo elettromagnetico, responsabile dell’interazione elettromagnetica nello spazio.
L’elemento secondario, l’anima dell’universo, è, secondo queste nuove scoperte, un campo elettromagnetico, ossia un campo che simbolicamente è “di luce”. Rimanendo nel simbolo, la luce è l’anima dell’universo, ossia della manifestazione del Tutto nella Phýsis.
La traslazione, operata dai due colonnelli cinesi, della regola aurea al sintagma soggetto predicato, dalla quale hanno fatto derivare il principio secondario-principale, assume, a questo punto, un valore generale se lo si applica alla coppia sostanza-accidente, dove la sostanza è il principale e l’accidente è il secondario.
Quella che i filosofi, nei secoli, hanno chiamato sostanza o essenza, oggi la fisica la definisce “energia del vuoto” o “energia del punto zero”.
“Oggi – scrive in proposito Robert Lanza – ritengono che questa sottostante «energia del vuoto» non sia soltanto onnipresente, ma complessivamente enorme. . […]. Nel frattempo – aggiunge Lanza – chiariamo bene una cosa: se il cosmo è soffuso di un’energia che fa ampiamente sfigurare le onde di luce e i campi elettrici che ci circondano, questo significa che la sostanza dell’Essere, la natura di tutte le cose, il vero Sé che soggiace alla consapevolezza e alla vita stessa, l’apparente vacuità che sembra essere la matrice, il cavalletto, lo scenario di tutte le umane sventure, è invece un’entità di inconcepibile potenza. La sua energia va oltre gli standard! Il potenziale è illimitato. Il fatto che non riusciamo a vederla o a percepirla non significa niente: i nostri sensi sono architettati per percepire quello che ci è utile nella vita quotidiana. Quale vantaggio avremmo se riuscissimo a percepire l’accecante ultraenergia che permea ogni recesso della realta? Allora cambiamo il nostro modo di vedere il cosmo. Proviamo a concepire le entità visibili come oggetti fluttuanti che si materializzano dalla soggiacente energia del vuoto, ben più potente, ma ignota, in quanto impercettibile alla vista”. [3]
Rimane, per quanto riguarda questa riflessione un rapporto di estremo interesse: quello tra il Pi greco e il numero aureo. Traggo da un articolo dell’ingegnere Rosario Turco e della professoressa Maria Colonnese [4]la considerazione che ci sono vari legami possibili tra la costante di Archimede (pi greco) e la sezione aurea (phi). Inoltre nell’articolo vengono mostrati anche i legami tra essi e altre quantità, come i numeri di Fibonacci, i coefficienti di Bernoulli, le costanti zeta, la Teoria delle stringhe, i fattoriali.
Ramanujan, scrivono i due autori, trovò una relazione che lega, attraverso una meravigliosa frazione continua, due numeri fondamentali: phi, la sezione aurea ed il famoso pi greco.
“Possiamo dunque osservare – commentano l’ingegnere Rosario Turco e la professoressa Maria Colonnese, che il legame tra l’irrazionale phi ed il trascendente pi greco passa attraverso una estensione infinita”.
Anche in questo caso possiamo ipotizzare un rapporto secondario-principale tra Phi (secondario) e Pi greco (principale).
Una relazione tra Pi Greco e Phi la troviamo in una delle costruzioni simboliche più importanti del mondo: la piramide di Cheope.
La piramide, nella teologia eliopolitana, è il simbolo archetipico della manifestazione, in quanto Tum-Atum, Colui che è, Colui che non è, si è manifestato in forma piramidale.
Possiamo a questo punto ipotizzare uno schema finale.
Il rapporto tra 3,14 e 1,6180 è il Lógos: azione (3,14) improntante dell’Arché (Tutto), secondo il fattore di deviazione (1,6180) dal Tutto (principale) al molteplice individualizzato (secondario).
Abbiamo, pertanto un quaternio. La triade, infatti, come ci insegna Jung, non è uno schema di ordinamento naturale, ma artificiale; è cosa pensata e corrisponde alla necessità di uno sviluppo spirituale verso l’indipendenza del pensiero.
“In contrasto con il pensiero trinitario di Platone, l’antica filosofia greca pensava secondo formule quaternarie. In Pitagora la parte principale non è sostenuta dalla triade, ma dalla quaternità, come nel cosiddetto giuramento pitagorico, dove del numero quattro della tetraktis, si dice che «ha le radici della natura eterna». Nella scuola pitagorica dominava anche l’idea che l’anima non fosse un triangolo, ma un quadrato”. [5] In effetti, come abbiamo potuto capire, l’anima è una forma che corrisponde alla proporzione aurea.
Nel Faust di Goethe troviamo: “Tre ne abbiamo condotti,/il quarto non volle venire; /disse di essere giusto/che pensa per tutti loro”.
“La quaternità – scrive ancora Jung – è un archetipo, che appare per così dire universalmente. Essa è la premessa logica per ogni giudizio di totalità”. [6]
Nello schema quaternario suesposto, che comprende il Tutto, la sua manifestazione, la sua azione e il fattore di deviazione, assume una particolare connotazione fondante il centro. E’, infatti il centro, il punto della trasformazione, il fulcro dell’insieme quaternario della manifestazione.
Se riportiamo il centro all’interno di un cerchio e immaginiamo che tale cerchio sia infinito, da qualsiasi parte noi poniamo il centro, questo sarà il centro del cerchio, perché infinito sarà il suo raggio, comunque e in ogni caso. Ogni centro, dunque, sarà il centro di un quaternio, di una manifestazione, di una deviazione dal principale al secondario.
Quel centro è il punto in cui collassa l’onda delle probabilità nel fenomeno; è la messa a fuoco del particolare, frattale del Tutto. Quel centro non è fisso, è in continua evoluzione dinamica, come una spirale aurea e così è per ogni centro. Il Tutto è in perenne trasformazione.
Per concludere, se ti poni al centro, se trovi il tuo centro, tu sei il centro dell’azione del Tutto che si manifesta, grazie all’azione del Pi e al fattore di deviazione del Phi. Anche tu sei in perenne trasformazione.
[1] Marie Louise Von Franz, Psiche e materia, Boringhieri – Introduzione di Antonio Vitolo
[2] Carl G. Jung, La simbolica dello spirito, Fabbri ed.
[3] Robert Lanza, Oltre il biocentrismo, il Saggiatore
[4] https://core.ac.uk/download/pdf/33150276.pdf
[5] Carl .G. Jung, La simbolica dello spirito, Fabbri
[6] Carl .G. Jung, La simbolica dello spirito, Fabbri
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