LACERTI DI UN MONDO PERDUTO – 4

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LACERTI DI UN MONDO PERDUTO – 4

Questo articolo, in sé compiuto, è la continuazione degli articoli: “Il Circolo “campo” del Tutto divino”, “Il Tutto energia e il Demiurgo che ordina”, La coscienza del Tutto” e Lacerti di un mondo perduto -1, Lacerti di un mondo perduto -2, Lacerti di un mondo perduto -3.

Nei precedenti “lacerti” ho preso in esame le Acque primordiali, espresse dalla consonante n, che contengono ed esprimono le acque lucenti e il principio della manifestazione, la consonante r, che esprime la vibrazione primordiale e i complessi vocalici con i quali l’essere umano invoca il divino. In questo lacerto affrontiamo la consonante m che esprime il compimento della manifestazione con il concetto di limite.

“Tutto ciò che esiste al mondo – scrive in proposito Franco Rendich – ha un «limite» e una «misura». Per rappresentare queste nozioni gli indoeuropei scelsero il suono della consonante m. Con essa fu costruita la radice verbale mā «misurare». Da derivano i termini «materia», ossia «sostanza definita da un limite»; «misura», ossia «che determina un limite»; «madre» ossia «colei che si occupa dei limiti della vita umana»”. [1]

Con questi tre termini la manifestazione assume i suoi connotati di spazio e di tempo e il Tutto inconoscibile, fondamento di energia informata, intelligente e cosciente, si presenta al mondo come una Grande Madre Universale.

Come nei precedenti lacerti, prenderemo in considerazione alcuni concetti espressi con modalità simili in lingue tra loro assai diverse. In questo caso, l’indoeuropeo e l’antico egizio.

La manifestazione

Indoeuropeo e sanscrito

ha il significato dell’azione (ā) di dare un limite (m) e di misurare. Da questa radice nascono il sanscrito mav, mavati: muovere  e il latino moveo. Miv (m+v) staccarsi (v) di continuo (i) da un punto fisso (mi) , muovere. Mā e Miv esprimono la prima parte della manifestazione, che è lo staccarsi da un punto e quindi l’avvio di un movimento che via via porta ad un’espansione la quale è ben descritta da un insieme di parole che ne indicano la forza e la potenza.

Infatti, mah (m+h) è espandere (h) il limite (m): rendere grande, esaltare, magnificare; maha è grande e potente; mahat è grande e forte; mahan è grandezza e potenza; mahas è grandezza, potere, gloria.

Tam è misura (m) del moto tra due punti (t): spazio limitato, tempo. Persino il suono di questa parola dà l’idea del fatto compiuto. Dopo lo staccarsi e il muoversi, l’espandersi e il prendere forza, lo spazio tempo è realtà.

Nello spazio tempo ci sono sentieri e margini, limiti e confini e possibili misurazioni. Mātra (mā+ tra) rende possibile (tra) una misurazione (), da cui il sanscrito e il greco misura, misurare. In sanscrito Mārga è sentiero, traccia (latino margo, margine). Mi è erigere (i) un limite (m), fissare, delimitare, da cui il sanscrito mit, pilastro e il latino milia, miglio.

Il sanscrito mātra è materia, ossia ciò che è misurabile in quanto è nel limite.

Infine, anche il limite ha una sua divinità: Mitra, il dio protettore dei confini.

Antico Egitto

Anche nella lingua egizia la m sembra essere connessa con il concetto di limite. Sm è andare, partire. Ms è portare, recare, apportare, presentare, tendere verso, estendere.

Msi è mettere al mondo, generare. Qma è creare. 

Anche in questo caso, come nell’indoeuropeo, l’insieme di questi vocaboli dà il senso di qualcosa in se stesso completo, perfetto, concluso, che in seguito ad un’azione di estensione si manifesta e genera.

Infatti nell’antico Egitto tim è completo, perfetto e tam è svelarsi. Ritroviamo questo concetto in Tum-Atum, Colui che è, Colui che non è, la cui forma originale egizia è Tmw, che racchiude tm, ossia ciò che è completo, perfetto, concluso. Tmw è il creatore dell’Enneade. Tmw crea Shu, (aria, atmosfera, ma anche dio della luce che rompe le tenebre primordiali) e Tefnut (l’umidità).  Shu e Tefnut danno origine a Nut (volta celeste) e Jeb (terra), i quali danno origine ai fratelli Wsir (Osiride, dio della morte e della rinascita e della fecondità della terra in quanto frumento), Ast (Iside, sede, maternità, fertilità), Neb het o Neb – Hwt (Nefthis, Nbt signora-Hwt della casa, utero, matrice all’interno della quale si sviluppa qualcosa) e Swth (Seth, il caos e la secchezza).  Da Iside e Osiride nasce, con un atto magico (Iside, nel tentativo di rianimare il cadavere di Osiride racchiuso in un tronco di acacia, rimane incinta) Hr (Horus il Giovane, il Sole).

Tmw è pertanto all’origine dell’universo creato e, al contempo, è l’universo creato, in quanto il mito che lo riguarda sostiene che si è manifestato e realizzato in forma di piramide. L’essenza prende forma e la forma è limite.

Mr è piramide ed è canale (anche tomba) e Mri è amare, volere, desiderare. Tum- Atum, così, come nei miti vedici, amando e desiderando si manifesta in Mr (chiamata dai Greci piramide, da pyr, fuoco, per la sua lucentezza infuocata) e Mr, in quanto forma del manifestato, è il paradigma matematico e geometrico delle misure e dei loro rapporti che, nel loro insieme, danno origine alla geometria sacra, contenente il segreto della realtà.

La piramide detta di Cheope contiene proporzioni che riguardano il numero aureo Φ 1,618 e il pi greco π, 3,14. La piramide di Chefren, secondo i calcoli pubblicati nei testi dell’archeologo Armando Mei, contiene il numero 137, che riguarda la costante di struttura fine e quella di Micerino, sempre secondo Armando Mei, contiene il 5 e l’11.

Maa è vero (veramente), reale, realmente, esatto, effettivo. Maa è anche vedere, scrutare, constatare, prendere coscienza di, ispezionare, badare e, infine, maa è anche diventare giusto, così come maa-chru è giusto di voce, giustificato, ma anche deceduto.

Anche in Egitto il concetto di misura, di ordine, di manifestazione secondo precise proporzioni ha una sua corrispondenza divina archetipica: Maat, che è neter  della verità, della giustizia, delle regole, dell’ordine stabilito e dell’ordine cosmico. Il suo stare seduta su un cubito (mh) ne fa anche una misura, un neter del misurare.

La fine del percorso

La misura dà il senso ad un percorso, che ha, come quello umano, un inizio e una fine.

Indoeuropeo

In indoeuropeo   è raggiungere (r) il limite (m):  morire , consumarsi, estinguersi e mārg  è andare (g) ove sono sepolti i morti (mr, mār).

Dalla radice  derivano in sanscrito: mara (morte) e  mŗta (morto) e il latino mors , mori morire.

Marta è mortale e amŗta (l’ambrosia, la bevanda sacra) è ciò che rende immortale.

Anche la morte ha un proprio dio: Mŗtyu.

Antico Egitto

In antico egizio Mwt è morire, la morte, il morto, ma mwt è anche madre: la fine e l’inizio del percorso, ossia il percorso dell’essere umano nel limite.

La madre

Indoeuropeo

In indoeuropeo Mātŗ (mā+tŗ) è colui o colei il quale svolge la funzione () di definire i limiti (). Infatti, come afferma Franco Rendich, “Mātŕ «madre» è «colei che si occupa in modo permanente» () di ciò che ha un limite (m). Poiché tutto ciò che esiete coincide con ciò che è “limitato”, mātŕ è colei che “si prenda cura () di tutto l’esistente ()”. [2]

Il concetto è reso in sanscrito con māter e in latino con mater.

Il concetto di limite e di misurabile è espresso anche da Māyā (mā+yā), che è il corso () della realtà misurabile (): ciò che è illusorio, ciò che è ingannevole. Māyā non è meno reale del Tutto, ma non è il Tutto; è ciò che noi siamo in grado di percepire del Tutto.

Perché ingannevole?  Per il fatto che è la realtà visibile e finita dell’infinito percepita dai nostri sensi  e pertanto ingannevole in quanto è una realtà, ma una realtà limitata da quella che i fisici ora chiamano la sfocatura, ossia la nostra limitazione nel percepire ciò che ci circonda.

“Noi viviamo – scrivono Edoardo Boncinelli e Antonio Ereditato – nel  «medio mondo» che contiene oggetti le cui dimensioni vanno dal millimetro a qualche chilometro e nel quale accadono eventi che durano dal secondo a qualche anno”. [3]

Māyā è l’illusione che ciò che noi percepiamo sia la realtà e un una realtà.

Antico Egitto

Assai interessante è quanto ci consegna l’antico Egitto, dove Mwt è madre, ma anche morire. Morire in quanto entrare nel limite e, pertanto, consegnarsi a un prima e a un dopo; ad un inizio e a una fine.

Il pensiero

Indoeuropeo

In indoeuropo Manas è la mente e man è pensare. Mantra (man+tra) è lo strumento (tra) del pensiero. Man (m+an) mnā (m+nā) esprime l’attività della mente. Per Franco Rendich, infatti, la misura (m) dell’energia vitale delle Acque (an-nā), attività della mente, contenuto della mente, pensare a, riflettere, ricordare.

“Queste radici – commenta Rendich – esprimono la misura (m) dell’energia mentale della Acque cosmiche (an) trasmessa all’uomo. A differenza di man e di buddhi, l’ātman si espande (at) verso il Brahman, lo Spirito universale, anch’esso in continua evoluzione”. [4]

In questo passaggio semantico abbiamo l’intera realtà dell’essere umano, che è dotato dell’energia mentale delle Acque cosmiche, ossia di intelligenza e coscienza ed è pertanto capace di espandersi verso il Brahman, essendone parte frattalica.

Ātman, essenza spirituale della vita, principio vitale e coscienza individuale, è il respiro finito, la scintilla del respiro del Brahman, infinito pensiero che si espande e cresce (bŗh), “è il moto (at) del pensiero limitato dell’uomo (man) teso al ritorno nel grembo della Mente eterna”. [5]

La parola

Antico Egitto

Nell’antico Egitto tmw è la totalità dell’umanità, il ché significa che tmw, ossia Tum-Atum rappresenta anche l’insieme degli esseri umani.

L’essere umano è s, consonante che lo collega a sia, dal significato di riconoscere, perceprire, rendersi conto e a saa: ordinare, predeterminare, assegnare, stabilire e decidere.

La consonante s rapporta anche l’essere umano a Sia o Sa, l’intelligenza infinita che si esprime attraverso il verbo Hu.

Nell’antico Egitto la parola è Mdw, che è anche discorso e  eloquenza.

Mdwi è parlare, discorrere. Mdwt è discorso. Mdt è parola, discorso, proposta.

Il pensiero, nell’essere umano, è connesso con la parola, con la vibrazione semanticamente strutturata che lo esprime, in quanto capace di comunicare. La parola è anche il verbo, ossia vibrazione creatrice: il mettersi in moto dell’energia primordiale.

Ra è parola, formula magica, espressione, discorso, linguaggio, intento, cosicché tmw essendo il creatore del mondo, tmw-ra (Atum-Ra) esprime l’azione verbale creatrice.

Anche in questo caso l’essere umano, identificato con il pensiero e con la parola, si pone come frattale di un Tutto, che è pensiero, parola e azione.

Per concludere questa parte della riflessione, tre consonanti: n, r e m, costituiscono tre radici di parole che esprimono concetti relativi alla manifestazione di un infinita energia.

I concetti sono espressi informa metaforica sia in indoeuropeo, sia in egizio antico.

Le Acque primordiali, il Nun, l’oceano infinito che va oltre ogni misura e che contiene in sé la potenzialità della manifestazione è espresso dalla consonante n. La potenzialità della manifestazione si esplica con un agitarsi, un mettersi in moto, un vibrare, che è espresso dalla consonante r. Questa vibrazione determina forme e, conseguentemente limiti, espressi dalla consonante m.

© Silvano Danesi


[1] Franco Rendich, Dizionario etimologico comparato delle lingue classiche indoeuropee, L’indoeuropea editrice

[2] Franco Rendich, Dizionario etimologico comparato delle lingue classiche indoeuropee, L’indoeuropea editrice

[3] Edoardo Boncinelli e Antonio Ereditato, il Cosmo nella mente, il Saggiatore

[4] Franco Rendich, Dizionario etimologico comparato delle lingue classiche indoeuropee, L’indoeuropea editrice

[5] Franco Rendich, Dizionario etimologico comparato delle lingue classiche indoeuropee, L’indoeuropea editrice

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