I monaci tironianensi e la costruzione del Tempio – 1/2

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I monaci tironianensi  e la costruzione del Tempio – 1/2

di Matteo Passeri

CAP. I PREAMBOLO

Il periodo a cavallo tra il secolo XI e il secolo XII, al contrario di quanto molti sono portati a credere, non rappresenta affatto un secolo buio in attesa che l’umanesimo porti la luce.

Lo si può vedere piuttosto come il calderone di Kerridwen in cui, sul fuoco della trasformazione, bolle un brodo ricco di ingredienti.

La chiesa, ancora, non ha stretto del tutto le sue maglie: in Francia e Spagna, seguendo il modello celtico, vengono costruite abbazie “doppie”: maschili e femminili insieme, la più importante delle quali sarà Fontevraud di cui si dirà in seguito. Ai preti è ancora concesso sposarsi.

Sull’esempio del monachesimo celtico, vengono costruiti conventi e abbazie che preservano il sapere attraverso la trascrizione degli antichi  manoscritti altrimenti destinati all’oblio, e diventano in breve delle vere e proprie scuole in cui non si insegnano solo le arti liberali ma si formano anche muratori, fabbri, carpentieri e tagliapietre, vale a dire le maestranze da impiegare nei tanti cantieri aperti in tutta Europa per la costruzione delle cattedrali gotiche.

Dal mondo arabo, tramite la Spagna, arriva l’influsso dell’ermetismo e viene diffusa la conoscenza di trattati in materia di cosmologia e metafisica. Nel 1070 a Troyes viene fondata una celebre scuola cabalistica.

Nel 999 vien eletto papa, con il nome di Silvestro II, Gerbert de Aurilliac, un personaggio di spicco del suo secolo: astronomo, matematico e inventore, insomma un papa scienziato. Prima di diventare il successore di Pietro era stato insegnante della scuola della cattedrale di Reims e Abate del Monastero di Bobbio, che seguiva la regola del suo fondatore, San Colombano, un monaco Irlandese di rito Cristiano-Celtico. A Bobbio poté consultare il Codex Arcerianus (VI-VII secolo), contenente frammenti in latino di autori romani e greci e di cui si servì, insieme con il De arte arithmetica di Boezio, per la stesura – tra il 981 e il 983 – del suo De geometria.

In Francia inizia ad operare la Scuola di Chartres che – sotto la guida di maestri illuminati e rischiando lo scontro aperto con la Chiesa di Roma – rivendica il diritto di studiare la natura e le sue leggi, su un piano diverso da quello puramente teologico. Vengono riscoperti e studiati i filosofi greci, Platone su tutti.

Roger Bacon (1214 – 1249) scrive le proprie opere sulla matematica ed applica il metodo sperimentale alle scienze; Pierre de Maricourt nel 1296 pubblica uno studio fondamentale sul magnetismo.

Nel 1129 viene formalmente riconosciuto l’Ordine Templare. I Cavalieri, che in molti tratti ricordano gli antichi Fianna, ossia i monaci guerrieri del mondo celtico e druidico,  si recano in Terra Santa dove entrano in contatto con varie correnti esoteriche tra cui quella Giovannita e gnostica. Al loro ritorno, inizia e si diffonde rapidamente in Europa la costruzione delle cattedrali gotiche.

Ci troviamo, come scrive Rober Graffin ne “L’art templier des cathédrales”, nel punto più alto di 18 secoli di civilizzazione celto-medievale.

In questo quadro si inserisce la vicenda dei personaggi di cui parla questo breve studio, legati tra loro da comuni radici e, forse, da un comune disegno.

CAP. IIL’EREMITA E LA FORESTA

L’Europa del XII secolo è in larga parte ricoperta da estese foreste. Le grandi vie di comunicazione vengono trascurate, le strade diventano  insicure e il bosco si riprende larghe fette di territorio.

Vi trovano rifugio i reietti della società, i briganti, i “fuori legge” alla Robin Hood. E non solo. Vi si formano, anche, comunità di eretici che desiderano proseguire indisturbati nel loro stile di vita che non possono più praticare in pubblico. E’ il posto ideale per le iniziazioni, in quanto garantisce la segretezza e al tempo stesso crea le condizioni emotive giuste in cui deve trovarsi l’iniziando: buio, solitudine, senso di smarrimento, abbandono. Ma anche profondo contatto con la natura e con gli elementi: terra, acqua, aria e fuoco.  

La foresta attira anche i frati e tra questi coloro che si danno alla vita eremitica. E’, in questo senso, il corrispettivo di ciò che era il deserto per gli anacoreti in Egitto.

Del resto, non potrebbe essere altrimenti visto il collegamento, anche sul piano etimologico, tra i vocaboli “foresta” e “Eremita”, che naturalmente si attraggono.

“Foresta” deriva dal latino “Foris” che significa “fuori”. Quindi richiama l’idea di un luogo che si trova fuori dall’abitato, fuori dalla legge. “Eremita” deriva da “eremo” che significa deserto, luogo non abitato. L’eremita sente il bisogno di ritirarsi e cerca, appunto, un luogo al di fuori della società e delle sue regole: tale è la foresta.

I Monaci eremiti erano dediti a pratiche di ascetismo attorno a cui sono fiorite leggende e che fanno pensare alla padronanza di tecniche di Yoga. Si racconta, ad esempio, che potessero restare per otto ore con le braccia incrociate nelle acque gelide di un fiume o digiunare per oltre un mese assumendo solo acqua.

Accade, poi, che questi eremiti attraggono un numero crescente di seguaci e che, all’interno della foresta, si creano vere e proprie comunità. Nasce l’esigenza di dare a costoro un riparo, un’istruzione, un lavoro: ed ecco così i primi eremi, quindi conventi e abbazie, che vengono costruiti spesso proprio ai limiti della foresta.   

CAP. III LE ABBAZIE MEDIEVALI

Le abbazie medievali (quantomeno sino al XII secolo) costituiscono un fenomeno singolare e meritevole di attenzione. Parliamo, in particolare, delle abbazie sorte in Irlanda e in Bretagna.

L’abbazia è diretta da un abate. Esistono anche abbazie femminili, dirette da una badessa. Eccezionalmente, anche abbazie miste.

L’abate è considerato erede diretto di San Pietro e non riconosce altra autorità se non quella dello stesso San Pietro. Gli abati tra loro sono eguali.

Si tratta di una carica elettiva: fino al XVI secolo l’abate è eletto dai monaci riuniti in un “capitolo”, e può essere affiancato da un “priore” che si pone a capo di “sedi distaccate” dell’abbazia.

L’abbazia ha una propria personalità giuridica, ossia è centro autonomo di imputazione di diritti e di doveri; ha una propria giurisdizione; ha proprie regole. E questo è un altro tratta distintivo che le rende interessanti ai nostri occhi.

Un’abbazia si compone di monaci e di oblati, ossia di laici che, pur senza prendere i voti, desiderano condurre una vita monastica e che mettono i loro servizi a disposizione della comunità.

 I monaci spesso sono anche artigiani e costruttori. Aprono cantieri per la realizzazione di edifici religiosi. Hanno bisogno di manovalanza. Ecco allora che attirano sempre più persone che vengono inserite nella comunità come semplici apprendisti e poi si perfezionano nell’arte del costruire; talvolta prendono l’abito.  Si formano così delle scuole di costruttori e delle vere e proprie confraternite, ciascuna con le proprie regole e i propri “segreti”.

Da una lettera indirizzata dall’Abate Amion ai monaci di Tutteberry, in Inghilterra (1140) apprendiamo che tali confraternite sono poste sotto la tutela della Santa Vergine e che sono guidate da una persona virtuosa. R.P. Berteloot, gesuita e studioso di massoneria, scrive: “chi dirige la costruzione assume il titolo di magister operis, maestro massone, o semplicemente maestro. E’ un monaco? Lo si chiami venerabile fratello. Si dia egualmente il nome di maestro ad alcuni stranieri estranei all’arte incaricati di fissare il programma d’insieme e di assumerne la direzione e curare i pagamenti[1].

Qui si studia e si insegna. Anche le famiglie dei nobili spesso mandano i figli a studiare dai frati. Le casate più importanti sono solite donare territori di loro proprietà affinché vi sorga un’abbazia o un priorato: in tal modo si assicurano la preghiera per la propria anima e un centro di formazione per la propria gente.

Questi centri di irradiazione che sono le abbazie medievali riflettono anche una scelta di valori. Appare chiaro in particolare, a partire quantomeno dal XII secolo, il tentativo di restaurare un regno celtico in Scozia e in Bretagna, anche attraverso il recupero di una tradizione e di una spiritualità ancora radicati in quei territori. I Monaci assolvono anche a questa funzione predicando un cristianesimo celtico che diviene forte elemento di identificazione.


[1] Liberamente tradotto da: “Cahiers Percherons – Trimestrale n. 422 trimestre 1974.

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